AFFINITA’ TRA PSICOANALISI ED ASTROLOGIA UMANISTICA
a cura di Marina Maino
dal 15° Convegno di Astrologia Umanistica Eridanoschool
Liberamente tratto ed ispirato da “Elogio dell’inconscio”
di Massimo Recalcati
MOLTO PRIMA di Sigmund Freud e della sua teoria sull’inconscio, è comunque presente l’idea – sia in ambito filosofico, sia nella letteratura occidentale – che LA VITA PSICHICA NON ESAURISCA LE PROPRIE TORTUOSITÀ NELLA VITA COSCIENTE
- Tra le più belle pagine della filosofia aventi rilevanza psicologica, dobbiamo riservare menzione alle opere di:
PLATONE-SANT’AGOSTINO- LEIBNIZ – SCHELLING – SHAKESPEARE -DOSTOEVSKIJ –
Platone, con la teoria dell’anima tripartita e con le sue riflessioni sul sogno esposte nella “Repubblica”; - Sant’Agostino, il filosofo dell’interiorità, che ha concepito l’esistenza di un sapere dell’anima;
- Wilhelm Leibniz, il primo filosofo che ipotizzò la presenza di “piccole percezioni che vengono assimilate senza averne coscienza”, aprendo così numerosi spiragli sulla dimensione dell’inconscio;
- Friedrich Schelling, il quale affermò che l’inconscio è un abisso profondo e che anche in Dio è presente un lato oscuro;
In ambito letterario: - William Shakespeare che, nei suoi drammi e commedie, crea ripetute scene oniriche, aventi anche la funzione di proporre una riflessione ontologica sul senso del sogno all’interno delle dinamiche esistenziali dell’uomo, del quale egli evidenzia i tratti ambivalenti e paradossali;
- Fedor Dostoevskij, che incarna il modello dello psicoanalista ante-litteram, rivelando un talento impareggiabile nello scavo impietoso all’interno dei meandri più oscuri dell’animo umano e nel tratteggiarne le aberrazioni, rivelando ombre, enigmi e devianze.
Merita menzione anche il TEMA DEL DOPPIO che sul piano letterario, si diffuse nel periodo definito della “Crisi della Ragione”, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. I due esempi classici:
Di Robert Louis Stevenson, (SLIDE) Lo strano caso del Dr. Jeckyll e Mr. Hyde, metafora collettiva della scissione nell’uomo tra parte cosciente e parte inconscia. Di Oscar Wilde, (SLIDE) Il ritratto di Dorian Gray che dà origine ad una nuova filosofia che indaga le profondità ignote ed oscure dell’esistenza e le aree spaventose della mente.
Prima delle teorie freudiane, l’inconscio era pensato come un’oscurità inaccessibile alla ragione, un sottosuolo selvaggio ed irrazionale, un territorio barbaro, istintuale, un contenitore di pulsioni caotiche in costante ebollizione. La grande tradizione romantica aveva caratterizzato le qualità dell’inconscio sulla base della drastica opposizione della ragione al sentimento.
“RAGIONE” opposto a “SENTIMENTO”
Ed è qui che Freud (SLIDE) compie un passo inaudito, senza antecedenti e supera questo schematismo rigidamente separativo.
FREUD INVENTA L’INCONSCIO!
Nella sua rivisitazione, nella sua reinterpretazione, SOVVERSIVA rispetto alla vecchia concezione, per Freud l’inconscio ora si costituisce come:
RAGIONE E INCONSCIO INSIEME
L’inconscio è pensato come: UNA DIVISIONE CHE ATTRAVERSA LA RAGIONE STESSA
Freud INCLUDE NEL CAMPO DELLA RAGIONE ciò che sino ad allora era pensato come AVVERSO alla ragione, ESCLUSO dalla ragione. Per Freud l’inconscio è un’INTENZIONALITA’, un PROGETTO, UN’AZIONE ORIENTATA DA UN FINE. E’:
UNA RAGIONE DOTATA DI UN SUO RIGORE ETICO E DI UNA SUA GRAMMATICA
UN SAPERE CHE AGISCE COME UNA PERTURBAZIONE DELLA CATENA DEI PENSIERI COSCIENTI
Tale riformulazione introduce una nuova conflittualità nella quale abbiamo Da una parte:
UNA RAGIONE VINCOLATA ALL’IO
Ed alle sue esigenze di controllo e di accettazione, mediante un adattamento sociale passivo.
Dall’altra: UNA RAGIONE Che Recalcati definisce come: “L’OBIEZIONE IRRIDUCIBILE” poiché si oppone alla standardizzazione della vita e supporta l’esigenza dell’uomo di non volersi rassegnare ad una vita uniformata ed iper-adattata.
Scrive Recalcati sull’inconscio:
“L’INCONSCIO PARLA, RISPONDE, CI INTERROGA, SUGGERISCE SOLUZIONI, GENERA INCIAMPI E OSTACOLI, PROMUOVE ATTI, SPALANCA VISIONI, DUBITA DEL NOSTRO SAPERE RAZIONALE ED ESIGE UN SAPERE NUOVO. NON È PSICOTICO, ANZI, È PROFONDAMENTE COLTO, CULTURALE, LINGUISTICO. ATTENTO E LUCIDO, SORNIONE MA PRECISO. OPPRESSIVO A VOLTE PERCHÉ NON DIMENTICA NULLA ED INSISTE NEL PORRE IL SOGGETTO DI FRONTE ALLE SCADENZE IMPROROGABILI DELLA SUA VITA”.
Guardiamo questo breve video tratto da una serie della BBC sul Mago Merlino:
Alla dichiarazione di Merlino di non voler più accettare il proprio destino, il drago risponde: “!Se fosse così facile sfuggire al proprio destino!” Merlino allora, irritato, controbatte domandando: “?Il mio destino è proteggere qualcuno che prova odio per me? – riferendosi a Re Artù. Ma il drago, serafico, risponde: “Una metà non può odiare ciò che la rende intera… Che la tua strada e quella di Artù corrono insieme, non è che la verità!”.
Merlino rappresenta l’inconscio, l’energia femminile ricettiva e sensibile, il pensiero analogico, il mondo invisibile, vibratile. Incarna il potenziale archetipico di Luna, Venere, Giove, Nettuno.
Artù, per contro, rappresenta la coscienza, il Logos, è l’IO attivo, energia maschile, è azione, conquista, è la legge. Incarna il potenziale archetipico di Sole, Mercurio, Marte, Saturno. La coppia Artù / Merlino rappresenta simbolicamente RAGIONE ED INCONSCIO INSIEME.
La razionalità della coscienza tende a SEGREGARE nel campo della “follia” i contenuti in cui non si riconosce e che avverte come incompatibili con sé stessa. Così, alcuni nostri personaggi interiori, con i quali la coscienza entra in conflitto perché sono inconciliabili con il nostro assetto psicologico – vengono respinti e rigettati nell’inconscioArtù (che rappresenta il LOGOS) odia Merlino (che invece rappresenta L’ANALOGICO, ossia l’indimostrabile per il LOGOS).
Nella battuta finale del drago:
“UNA META’ NON PUO’ ODIARE CIO’ CHE LA RENDE INTERA”
Copertina del libro…
E’ inscritto un contenuto importante: ossia che la coscienza deve arrendersi all’inconscio ed affrontare quella “DIVISIONE” scomoda per poter avviare un confronto indispensabile al fine di stringere un’alleanza con l’inconscio, “un’amicizia” come la definisce Recalcati. Anche Gustav Jung dichiara che coscienza ed inconscio debbono giungere ad una mutua collaborazione e ad una comunicazione reciprocamente proficua, presupposto fondamentale per una vita appagante e ricca di significato.
Dal capitolo V de: “Il Visconte Dimezzato” di Italo Calvino, riporto un brevissimo estratto. Parla il protagonista, il Visconte Medardo:
“Così si potesse dimezzare ogni cosa INTERA … così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante INTEREZZA. Ero INTERO e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di veder tutto e non era che la SCORZA. Se mai tu diventerai LA METÀ di te stesso, e te l’auguro, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli INTERI. Avrai perso METÀ DI TE e del mondo, ma LA METÀ RIMASTA sarà mille volte più profonda e preziosa. Tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani”.
Prima di analizzare il pensiero del Visconte Medardo, chiediamo un piccolo aiuto a Jacques Lacan:
LA FOLLIA NARCISISTICA di Jacques Lacan:
Jacques Lacan precisa ironicamente che la follia più grande non è essere privi di “IO” ma è quella di credersi un “IO”. E’ questa per Lacan la follia narcisistica della
“IOCRAZIA”
“IOCRAZIA”. Lacan la definisce “credenza immaginaria”: consiste nell’espellere dall’ “IO” tutto ciò che L’ “IO” non governa. E’ un meccanismo di difesa che l’IO attua per difendersi dall’inconscio: ciò che lascia fuori, l’IO lo iper-compensa al proprio interno per mezzo di un patetico “fai da te” iocratico.
Torniamo al Visconte Medardo:
SE ALZI UN MURO PENSA A COSA LASCI FUORI (Italo Calvino)
La sua condizione di “dimezzato” si rifà al medesimo concetto lacaniano: ossia che la dimensione di ipotetica, luminosa totalità in cui L’ “IO” crede, è una vana illusione, è un delirio di onnipotenza. Il valore essenziale e profondo dell’IO è racchiuso nei suoi “brani”, nelle sue parti, è nei suoi “PEZZI”. E’ dall’incontro con il reale di sé, tra mostri, draghi e paludi per utilizzare la metafora mitologica del “viaggio dell’Eroe”, è dall’interno di quel fondo temibile e senza luce, che nascerà la crisi che segna l’inizio del cambiamento, la prima attivazione di una nuova aspirazione, la prova tangibile della possibilità di spostarsi da un punto stabile e rassicurante verso l’incertezza. Con la crisi arriva l’inquietudine che spinge a trovare nuove forme di espressione della coscienza e delle relazioni, alla ricerca di valori sentiti ed autentici. Esiste per tutti un momento in cui la vita ci butta a terra e ci fa “cadere in pezzi”: ecco l’opportunità di diventare ciò che siamo veramente, di liberarci dalla prigionia della “IOCRAZIA” e dall’oscurità dell’inconsapevolezza per lasciare filtrare la luce della coscienza sui “pezzi” rigettati nell’inconscio e marchiati come “fallati”, “inservibili”.
E’ necessario restare lì, tra i cocci. RIMANERE sintonizzati sull’ascolto dei moti interiori e sull’esplorazione delle emozioni che si sperimentano, senza censure, CREARE uno spazio di silenzio a contatto con le fragilità che stanno emergendo, RESTARE nella frustrazione di sentirsi vuoti, svuotati, cercando di non cedere alla tentazione di riempirsi di falsi contenuti, RIDURRE il fragore della personalità ed acquietare i tumulti emotivi.
Ci stiamo apprestando alla trasformazione, alla realizzazione di un percorso evolutivo, siamo in cammino verso la nostra individuazione: IL VIAGGIO ALL’INTERNO DI NOI STESSI, un progressivo lavoro di disvelamento di quanto è inconsapevole, è incominciato ed il suo scopo è quello di elevare ed allineare gradualmente la consapevolezza verso l’alto, verso i valori della nostra essenza. Ora siamo anche in grado di vedere la nostra ferita e di vederci come portatori di una fragilità da accettare e poi sfruttare per una successiva metamorfosi. Non sussiste solo l’importanza della ferita ma anche l’importanza del rapporto che siamo in grado di instaurare con la nostra stessa ferita. Certamente ci sono ferite alle quali risulta complesso attribuire un significato: profondamente traumatiche da una parte e contestualmente senza un senso logico, senza una motivazione giustificabile o comprensibile. Permangono a vita nella nostra carne, come contenuti “insensati”, senza poter effettuare per queste ferite una sintesi completa, senza che si possa trovare un significato che soddisfi pienamente la domanda che chiede un perché. E’ definito “resto dell’analisi”: sono quei contenuti che restano intrasformabili, che non possono essere sintetizzati, impossibili da “mandar giù”. Ma ognuno di noi possiede il suo Chirone, il suo “guaritore” che – benché per sempre ferito, come il mito tramanda – rende instancabili ed appassionati nella ricerca di guarir se stessi, pur sapendo che non si finirà mai di guarire.
La consapevolezza consente l’accesso al potenziale, consente di appropriarci del tesoro che abbiamo dentro. L’individuazione passa anche da qui, dalla ferita, rende in grado di esprimere compiutamente le proprie potenzialità e aspirazioni e sostiene la realizzazione della propria essenza, una realizzazione che consiste in quell’abbraccio tra la propria vita ed il desiderio inconscio. Mettere in comunicazione “RAGIONE dell’IO e RAGIONE INCONSCIA” “mette in crisi”, “manda in pezzi” però, infondo, noi non siamo qui per guarire le nostre ferite: se ci riflettiamo bene, sono le nostre ferite che sono qui per guarire noi. Ogni persona consapevole di sé, e della propria storia, è una persona salva, è una persona che si è salvata.
Adoro l’ambivalenza poetica di una cicatrice.
Ha due messaggi:
Qui mi sono fatta male.
Qui sono guarita…
Così Recalcati parla delle ambivalenze che rendono paradossale la condizione umana:
SCENDERE LA SLIDE COL PUZZLE DEL CUORE
“Non c’è mai discontinuità tra i contrari, non c’è mai una separazione rigida ma piuttosto inversioni, ribaltamenti, ambivalenze che rivelano una perturbante continuità.
SCENDERE LA SLIDE DEL NODO
In questo lungo processo interiore di “annodamento dei contrari”, uno psichismo squisitamente femminile, è inscritto il punto di leva per una personale trasmutazione, l’inizio del divenire.
L’INCONSCIO NON È L’ANTI-RAGIONE MA IL CUORE DELLA RAGIONE,
LO STRANIERO NON È ALTROVE MA IL CUORE DEL MIO STESSO ESSERE
Ecco una delle definizioni più intense di inconscio:
“TERRITORIO STRANIERO INTERNO”
Un processo di individuazione richiede di garantire il diritto di cittadinanza, nei territori della coscienza, al corteo dei bizzarri personaggi che ci abitano, bollati come elementi infimi, particolari, insensati ed indesiderati, confinati sotto il dominio della vergogna e della follia. Individuarsi non significa addomesticare l’inconscio, cercare di neutralizzarne la potenza o di colonizzare il suo regno, bensì di riconoscere l’incompetenza dell’IO nel coltivare l’amicizia necessaria con l’inconscio.
E’ fondamentale che l’IO riconosca che l’inconscio è quell’incontrollabile, straordinaria vastità di casualità e contingenza alla cui chiamata ci si deve consegnare tout court, rispettosamente. Il nostro compito etico è quello di entrare nel “non senso” dei suoi contenuti perché sono i nostri. Si tratta di voler affrontare il “grande salto”, oltre i confini della tendenza securitaria dell’IO, al di là della “comfort zone”, spingendoci a voler preferire l’esperienza dell’apertura alla chiusura, dell’incontro alla difesa, della libertà alla prigionia, dell’inaspettato alla pianificazione.
Lo sappiamo bene dai transiti che, ad un certo punto della vita, per tutti noi si accende una lucina che, come un suadente canto delle sirene, ci attira nella direzione di ciò che possiamo definire il percorso verso l’individuazione e verso la personale verità. Ma non tutti si assumono la responsabilità di percorrerlo e tornano a quella moralità un po’ ipocrita di coloro che, non riconoscendo l’appartenenza dell’IO all’inconscio, li mantengono separati. Anziché assumersi il pesante fardello della propria autenticità, tendono ad abolirla, a rifiutarla, a misconoscerla, a cassarla. Ma, alcuni, si assumono la responsabilità di inoltrarsi verso un confronto con il proprio limite più spinoso, più pungente, ossia di spingersi fino a toccare quelle parti scabrose ed esecrabili, riconoscendole – ob torto collo – come proprie.
LA “ASSUNZIONE SOGGETTIVA DELLA VERITÀ RIMOSSA”
Indicata dall’analisi, permette di assumere un ruolo protagonista nella vita, come creatore del proprio destino, sempre meno vittima sacrificale nelle mani di ipotetici Dei capricciosi. Questi percorsi interiori danno luogo ad un’etica personale attraverso la quale si è in grado di fare esperienza del perdono e della gratitudine, perché solo colui che ha affrontato e sostenuto il confronto faccia a faccia col proprio inferno, solo colui che ha visto il male come una parte di sé, può genuinamente sospendere ogni forma di giudizio morale. E quando, mano a mano, una verità rimossa dopo l’altra viene trasformata in una verità consapevole, come piccoli tasselli nella graduale costruzione del puzzle del mio IO in direzione della mia INTEGRITA’, si affaccia alla coscienza la forza positiva del desiderio che diventa chiamata, vocazione. Un circolo virtuoso dove ogni mattoncino strappato al dolore del buio vede la luce della coscienza e contribuisce alla sua costruzione. E poiché l’inconscio è il luogo in cui è inscritto il nostro desiderio, in quanto soggetti del desiderio noi siamo chiamati a fraternizzare con il nostro peggio. L’espressione della vocazione personale consente di esprimere la creatività: questo è un atto fortemente etico, in quanto è l’esito diretto di un processo evolutivo. Ed infine si tratta di superare i propri interessi particolari per realizzarsi veramente nell’adesione a qualcosa di più grande, affidandosi al quale – il proprio IO – (nella sua profondità), non si perde ma si fortifica e si compie: dobbiamo rendere la nostra vita un contributo.
Psicoanalisi ed astrologia umanistica offrono la possibilità di occuparsi di quel delicato aspetto che riguarda la conoscenza personale, il cui percorso si dimostra una scelta coraggiosa, che ci restituisce il peso della nostra fragilità e vulnerabilità ed entrambe lo fanno utilizzando un linguaggio simbolico. Condividono un approccio umanistico il cui aspetto centrale è la convinzione che ciascun individuo possieda delle potenzialità, spesso inespresse, che devono essere riportate alla luce e sviluppate per poter coltivare il proprio benessere ad ogni livello.
Il principio sul quale la psicoanalisi edifica la sua etica è il desiderio, inteso come “vocazione”, un’istanza alla quale anche l’astrologia attribuisce un’importanza fondamentale. Per entrambe le discipline è la forza positiva del desiderio che esorta l’uomo ad avventurarsi in mondi sconosciuti, non solamente geografici, e di valicare i confini angusti del pensiero logico, perché cogliere il senso della chiamata e realizzare il desiderio è un atto etico e vitale e non c’è vita se non sussiste un’alleanza tra la vita stessa ed il suo desiderio. Giove, le energie di fuoco, il segno del Sagittario, la Casa IX: questo è il primo ambito che ospita Nettuno proprio perché qui Giove punta a scavalcare Saturno, vuole aggirarlo per assolvere alla sua funzione di ponte del transpersonale, di trait d’union tra coscienza ed inconscio, tra i pianeti personali ed i pianeti transpersonali, che costituiscono l’unica opportunità di dare un senso all’esistenza. E, giacché siamo in ambito di casa nona, vi ricordo la definizione di inconscio citata precedentemente come “territorio straniero interno” un concetto che anche l’astrologia contempla, collocandolo proprio nella IX casa, come “lo straniero che abita al nostro interno”.
Il filosofo kantiano Ernst Cassirer affermò che:
“L’ASTROLOGIA È UNO DEI PIÙ GRANDIOSI TENTATIVI, CHE MAI SIANO STATI OSATI DALLO SPIRITO UMANO, PER FORNIRE UNA RAPPRESENTAZIONE SIMBOLICA GLOBALE DEL MONDO E DEGLI UOMINI”
Sappiamo bene che l’astrologia è strutturata in un insieme coerente di simboli che svelano la coscienza del Cosmo che, a sua volta, è la nostra stessa coscienza; è una catena significante intelligente, sempre logica e consequenziale, è una trama sintattica che possiede le medesime caratteristiche, di cui alla descrizione di Massimo Recalcati, riferite all’inconscio.
Se pensiamo con attenzione alla dialettica dei transiti planetari in funzione del tema natale personale, come possiamo negare, in veste di astrologi, che il tratto dell’inconscio per il quale esso “GENERA INCIAMPI E OSTACOLI” non sia ascrivibili a quadrature ed opposizioni, per esempio di Saturno? Oppure il tratto che “SPALANCA VISIONI” ed “ESIGE UN SAPERE NUOVO” non ricorda forse le energie uraniane? E che dire di “DUBITA DEL NOSTRO SAPERE RAZIONALE” se non che si adatta perfettamente alla dialettica nettuniana? Ed infine quale commovente analogia sussiste tra la ragione dell’inconscio che “INSISTE NEL PORRE IL SOGGETTO DI FRONTE ALLE SCADENZE IMPROROGABILI DELLA SUA VITA” e la volontà dell’Universo che, per tutta la nostra vita, si esprime in quel susseguirsi di pianeti intorno a noi, al pari di una danza, nel tentativo di sospingerci ad intraprendere il cammino evolutivo
L’UNIVERSO in cui abitiamo, l’INCONSCIO e NOI STESSI, sembriamo proprio provenire da una medesima matrice, una scintilla divina, alla quale ritorneremo…
Attraverso la lucidità e la coerenza della sua dialettica, l’astrologia fornisce l’evidenza della LACERAZIONE originaria, insita nei tratti costitutivi dell’identità di ognuno, di cui alla DIVISIONE freudiana.
Ed anche l’astrologia tratta della poliedricità e delle pluralità energetiche che costituiscono l’uomo, con le loro differenti tonalità, a testimonianza di quanto sia caleidoscopica la struttura dell’identità individuale e con quanta potenziale bellezza ogni essere umano possa intervenire, nel suo microscopico contributo, sulle sorti del grande puzzle universale. L’astrologia contempla sempre la possibilità di una soluzione e con le sue “parole – simbolo” indica la via da percorrere, le sfide e le difficoltà da superare per individuarci con gli strumenti di cui siamo stati dotati.
“Alla conquista delle stelle” – Di Elena Bernabè
Ho preso un biglietto. Per rimanere.
Perché ad andare via sono capaci tutti. E’ restare la grande sfida: nella paura, nell’attesa, nel dolore, nella fine di una relazione, nella solitudine.
Invece di escogitare mille vie di fuga per andarsene. Da se stessi.
Così ho deciso di fermarmi. Il più possibile. Per scoprire cosa si nasconde dentro di me, rimanendo. Solo dopo potrò muovere i passi del cambiamento.
Con questo biglietto speciale posso esplorare ogni angolo della mia interiorità ed ammirarne le meraviglie: vedo cascate di paure, montagne di timori, gocce di serenità e un oceano d’amore che mi mostrano i cammini da intraprendere. Solo restando. Ad osservare cosa accade dentro di me ad ogni avvenimento della mia vita.
Fuggire mi farebbe perdere questo incredibile panorama e offuscherebbe la mia vista. Rischierei di mescolarmi con i panorami degli altri e di non trovare più la strada. Per tornare a casa: dentro di me.
Si può fuggire con i pensieri, con le parole, con gli sguardi, con i gesti, con i movimenti, con tutto il corpo. Ma è con il cuore che si resta.
Voglio regalarlo a tutti questo biglietto speciale e viaggiare insieme a chi decide di rimanere nel luogo più importante Dentro se stessi.
a cura di Marina Maino
dal 15° Convegno di Astrologia Umanistica Eridanoschool