L’amore qui passa attraverso la dimensione olimpica; tutto deve essere magico, magnifico, grande e in espansione. Immaginate Zeus, il grande signore degli Dei che scende e si incarna in Venere: niente potrà essere ordinario, tutto dovrà assumere una tonalità “divina”, grandiosa e superlativa. L’amore in questo caso è la grande promessa e la grande speranza; è l’avventura che può prendere vita e che serve per la propria crescita ed ha aspettative gigantesche che naturalmente, all’inizio, sembrano corrisposte e gonfiate fino all’inverosimile dall’altro.
Giove usa l’amore per traghettarci in una dimensione di superamento dei nostri personali limiti: ci fa quindi percepire cosa potremmo essere se solo ci fidassimo delle nostre intuizioni, dei nostri pensieri e del nostro mondo interno: ci mette in contatto con la nostra ricchezza interiore se solo siamo disponibili, se solo spalanchiamo il nostro terzo occhio e cominciamo a… vedere.
È questa la ragione per cui, durante l’amore, chi ha Venere-Giove si sente al massimo: Giove vuole il massimo, vuole qualcosa che superi le nostre possibilità, e per farci giungere a questo abbaglia, trasforma la realtà, fa vedere anche quello che non c’è, o fa vedere le cose sotto un’angolazione diversa, qualcosa che potrebbe anche esserci nella realtà, se solo lo volessimo e ci credessimo. Nel mito Giove si trasformava per riuscire a conquistare; questo indica chiaramente la potenzialità di questo archetipo di lasciarci vedere ciò che noi vogliamo vedere.
Giove non ama la realtà né la quotidianità; vuole infatti farci intuire cosa potrebbe esserci oltre questo piano limitato di percezione. Attraverso Venere fa sperare l’insperabile e ci fa vedere ciò che potrebbe essere. Qui l’amore deve offrire tantissimo e deve poter mantenere tutte le premesse iniziali perché Giove non si accontenta mai, ha bisogno di nuovi spazi, di nuove mete, di nuove promesse e di nuova conoscenza.
L’amore deve dare significato e riempire la vita, e ciò può rendere difficile sentirsi veramente gratificati: Giove è magnifico, ma è anche insaziabile. È vorace, deve acquisire, deve ingoiare, deve arricchirsi. E’ inoltre un amore pieno di Fuoco, che si accende, si spinge in avanti e poi ancora in avanti, mentre continua a sperare, a dilatare lo sguardo: se però si rende conto che non ci sono più possibilità, non ci sono più territori da conquistare, non più promesse e non più crescite, allora entra nel circuito delusione-disillusione, perde ogni stimolo ed ogni interesse e si sgonfia, deluso e svuotato fino a che qualche nuova visione lo condurrà alla ricerca di nuovi lidi, nuove passioni, nuove conquiste.
Questo amore ha bisogni di grandi gesti, di espansività, di intensa sessualità, però il rischio è anche quello che tutto venga consumato in fretta: ragion per cui questo amore deve lasciarsi qualche spazio aperto, non può scoprirsi totalmente, perché ciò che lo stimola e lo eccita è l’ignoto, il non-conquistato, e forse anche il non-conquistabile: quello che ancora deve essere visto, scoperto, trovato, e il viaggio che si compie per arrivare a conoscerlo.
Giove-Venere deve poter accendere la speranza che tutto sia possibile, e fino a quando queste premesse vengono mantenute, almeno nella psiche, Giove è trasformista, mostra il meglio di sé, illude e si illude; crede che ci sarà, che si otterrà, che le premesse si realizzeranno. Giove trascina Venere nel mondo della visione- immaginazione e lascia intuire che ciò in cui si crede avverrà.
Il lato negativo di questo amore è la bramosia, il possesso, il fagocitamento, il bisogno quasi di divorare l’altro in un tentativo di avere tutto, di soddisfare ogni desiderio attraverso l’altro.
Questo genera grande insoddisfazione; è esattamente ciò che accade dopo una grande abbuffata in cui non si è gustato il cibo, lo si è solo ingoiato per avidità e subito dopo ritorna un inutile senso di vuoto, di mancanza di sostanza. C’è una grandissima fame, ma non vi è cibo al mondo che possa saziare.
a cura di Lidia Fassio