di Gianfranco Casalis

L’amore è una forza, un’energia, un potere attivo che consiste soprattutto più nel dare che nel ricevere. Amare significa essere capaci di dare. Esiste un tipo d’amore che non è autentico e che riguarda quegli individui che si annullano completamente per amare gli altri, come alle volte accade in quei tipi di rapporti soffocanti tra genitori e figli e in particolar modo tra madre e figlio, ma non soltanto. In questo tipo d’amore, colui che lo riceve non è in grado d’essere autonomo poiché è un amore soffocante che strumentalizza e manipola. L’individuo che ama in questo modo non è in grado di sopportare il senso di colpa che lo assale se si dedica a se stesso, come se si sentisse egoista, confondendo l’egoismo con una sana cura di se spinto da una forza interna a spostare e proiettare sull’altro. E’ difficile accusare una madre che si sacrifica e si proietta totalmente sui figli; sembreremo irriconoscenti e ingrati. Ma questo tipo d’amore è un modo di nascondere il suo egoismo e non sentirsi colpevole, di modo che il senso di colpa resta mascherato da questa modalità d’amare. Questo tipo d’amore ha come scopo di agire il suo potere sull’individuo amato poiché quello che conta è possedere e dominare, qualunque sia il sacrificio da affrontare. Ma dietro il bisogno di possedere incontriamo la solitudine, oltre che la volontà di dominare. L’unica risposta alla solitudine sembrerebbe l’amore, ma un amore che nasce dalla libertà e quindi più autentico rispetto a quello appena descritto. In questo tipo d’amore gli amanti sfuggono entrambi alla solitudine nel rispetto reciproco della loro individualità.

Quando noi ci innamoriamo veniamo sedotti, vale a dire afferrati da una forza cui non possiamo opporre resistenza. L’amore è sempre qualcosa che esercita una sorta di “violenza” su noi poiché ci pone di fronte alle esigenze di un altro individuo. L’amore ci pone di fronte a sogni, bisogni e desideri che non sono i nostri e tende a rompere quella copertura narcisistica che è orientata all’unità e non si preoccupa dell’altro.

Si crede comunemente che amare sia facile, che l’innamoramento sia un fatto interno più naturale e semplice per l’essere umano, e che non occorra educazione per imparare ad amare e ad essere amati. Ma esiste un antagonismo tra narcisismo e amore, vale a dire tra la richiesta di una stabilità nel nostro equilibrio libidico e l’impegno energetico che il rapporto con l’altro richiede.

Nell’amore il dare e il ricevere è reciproco, paritario e si differenzia dal sentimento dell’affetto in cui dare e ricevere non necessariamente sono sullo stesso piano. Nella relazione genitore – figlio il genitore è colui che dà di più nella consapevolezza di ricevere molto meno. Quando l’individuo, per sfuggire alla solitudine, si sposta da un rapporto affettivo con il genitore ad una figura sostitutiva di esso, non si genera un rapporto di autentico amore, ma una sostituzione di un rapporto affettivo che non è in grado di trovare la soluzione per il problema della solitudine. La difficoltà è quella di rompere la dipendenza affettiva attraverso l’affrancamento da quelle persone dalle quali dipendiamo affettivamente per vivere la nostra più completa autonomia che ci consente una migliore capacità d’amare facilitando una scelta consapevole.

Molti individui, a loro insaputa, fuggono a questo processo di crescita psicologica, sottraendosi alla solitudine facendo uso del possesso reciproco generatore di un costante risentimento che si può esprimere attraverso l’insoddisfazione, l’aggressività espressa o repressa, il sado-masochismo psichico, i silenzi all’interno di un gioco di potere che tendono a provocare nell’altro individuo un costante stato di insicurezza e di sfiducia. L’individuo imprigionato nel suo narcisismo non riesce a vivere la dimensione amorosa poiché non è in grado di vivere l’amore per sé e quello per l’altro, non è in grado di uscire da sé per concedersi all’altro e in fondo alla sua anima vive un rovinoso senso di colpa inconscio. Questo senso di colpa è distruttivo per l’individuo che in tal modo non matura, non si integra e non può diventare capace d’amare, come se una forza nascosta gli impedisse di diventare degno di vivere la sua vita nella polarità del dare e del ricevere che implica la reciprocità nello scambio d’amore. La colpa inconscia è un fenomeno che paralizza e impaurisce l’individuo e che in psicoanalisi nasce da ciò che viene chiamato Super-Io.

Il Super-Io ha a che fare con divieti e permessi che vivono dentro l’individuo e che in qualche modo permeano i suoi pensieri e comportamenti e che deriva dall’ambiente relazionale in cui l’individuo è vissuto durante gli anni dell’infanzia. E’ come un meccanismo all’interno dell’individuo che apprende consciamente e inconsciamente delle regole, dei principi che gli fanno percepire se una cosa è bene o male che sia. Il Super-Io è coinvolto nel controllo dell’Io in quanto rappresentante della realtà ed è costituito da una catena di processi mentali che si erano formati nell’infanzia nella risoluzione del complesso edipico. Il nostro Sé è il centro della nostra personalità che ci spinge a superare le fasi infantili attraverso una serie di passaggi che ci conducono verso l’integrazione nella coscienza di contenuti inconsci che nel momento dell’integrazione diventano risorse e arricchimento affettivo individuale.
I genitori che non accettano che i loro figli si separino psicologicamente da loro li inducono a vivere la loro autonomia e libertà come una colpa. Jung aveva affermato che quando i genitori trascurano il proprio benessere per il bene dei figli, “si lascia ai figli una cattiva eredità, una cattiva impressione del passato”. Per Jung il punto è che i genitori devono amarsi nel “qui ed ora” perché in tal modo anche i figli potranno imparare a farlo. La vita non vissuta dei genitori è uguale ad un vero e proprio tradimento nei confronti dei figli stessi. E’ assolutamente il tradimento nei nostri confronti che non ci consente di costruire e vivere nella dimensione di un amore autentico la nostra esistenza.