La mia vita è la storia di un’autorealizzazione dell’inconscio.
Tutto ciò che si trova nel profondo dell’inconscio
tende a manifestarsi al di fuori, e la personalità, a sua volta,
desidera evolversi oltre i suoi fattori inconsci, che la condizionano.
Carl Gustav Jung, Ricordi, sogni, riflessioni-Prologo

Il filo di Arianna dei sogni. 

Proprio ieri, leggevo Jung, e mi rallegravo di come lui la pensasse esattamente come me (!!!) circa la necessità assoluta e imprescindibile che un medico, o terapeuta, o chiunque si ponga come qualcuno che offre la sua esperienza ad altri in merito ad un argomento, in special modo poi se riguardante la sfera psichica e personale, debba innanzitutto applicare su di sé ogni più piccola cosa che professa.
Questo vale (o dovrebbe valere) molto semplicemente anche per una cosa tanto comune, quanto non facile, né scontata, come svolgere il ruolo di genitori, o insegnanti.
Cioè, per prima cosa, applicare a sé, e lì tornare e da lì ripartire ogni volta.

Forse è per questo che da quando ho preso a parlare dei sogni e del mio metodo di autointerpretazione  in questa sede, sembra che anche la mia autoanalisi sia ripresa alla grande; dopo anni in cui l’avevo applicata con impegno ed assiduità intensi, in effetti, da qualche tempo mi ero  rilassata in merito e dedicata ad altro.
Così, ho deciso che offrirò qualcosa di direttamente mio, esperienze a sfondo onirico che sto vivendo in questi tempi, sicuramente sollecitate dal fatto di essermi messa a raccontare di questi argomenti ed altrettanto sicuramente collegate a fasi che attraverso, che sono correlate ai transiti ed allo svolgersi nel tempo di quello che è il mio personale progetto.

Personalmente, nella mia vita lascio che operino moltissimo le sincronicità, che ho imparato ad ascoltare (restandone ogni volta affascinata), quindi mi arreca molto piacere leggere, proprio in questi giorni, sempre in Jung, che “Il trattamento del paziente comincia, per così dire, dal medico: solo se questi sa far fronte a se stesso e ai suoi problemi, sarà in grado di proporre al paziente una linea di condotta. Ma solo allora. Nell’analisi didattica (nota: l’analisi del medico con il suo supervisore) il medico deve imparare a conoscere la propria anima e a prenderla sul serio: se egli non sa farlo, non potrà apprenderlo neppure il paziente” (1) .
E ancora: “Come medico devo costantemente chiedermi che specie di messaggio il paziente mi reca. Che cosa significa per me? Se per me non rappresenta niente, non ho alcun appiglio. Solo quando il medico è interessato, la sua azione è efficace. << Solo il medico ferito guarisce.>> Ma se il medico si rinchiude nell’abito professionale come in una corazza, non ha efficacia. Io prendo i miei pazienti sul serio; forse sono posto di fronte a un problema come loro” (2). 
E in modo particolare mi colpisce: “Spesso accade che il paziente sia proprio il medicamento adatto per il punto debole del medico; quindi situazioni difficili possono presentarsi anche per il medico, o piuttosto proprio per lui” (3).

O piuttosto proprio per lui. Ne rimango affascinata, perché avvalora l’idea di come tutto sia collegato, tutti siamo collegati. Di come si possa vivere trovando un senso per tutto e di come il caso non esista (personalmente, questo modo di pensare mi fa stare bene, perciò lo ritengo buono, per me).
Io non mi pongo come medico o terapeuta, né ritengo di avere verità da insegnare (crescendo e conoscendo le mie certezze sono diminuite, non aumentate). Semplicemente sono qualcuno che viene a condividere ed offrire, a chi voglia ascoltare, una sua esperienza, attraverso la quale ha dato vita a qualcosa che possiamo assimilare ad un “metodo”. 
Ciononostante,   mi accorgo che a me accade esattamente quello che Jung descrive.
 “A me accade”. Cioè, io lascio che questo avvenga, e che ciò che mi si presenta sia esattamente quel che mi serve in quel preciso momento. Sogni in primis.

Approfitto per dire che ritengo che un atteggiamento di questo tipo a mio avviso dovrebbe caratterizzare profondamente ogni cultore e studioso di umane materie, quindi di astrologia, in generale, ma in special modo poi se umanistica. 
Cercando la trave nel nostro occhio, appena ci pare di scorgere la pagliuzza in quello altrui, possiamo realizzare, o comunque perseguire, il conosci te stesso che apre le porte del mondo.

Venendo ai sogni, questa volta ho perciò deciso che parlerò di alcuni miei sogni di questo periodo, della mia reazione ad essi, del mio sentirmi sfidata e messa alla prova, e potrò magari anche collegare qualche aspetto astrologico in merito. 
Ho qualche remora, lo confesso, perché non so se voglio davvero rendere pubblici certi miei passaggi interiori, non so se camuffarli, se questo li snaturi, se parlarne può diventare egocentrismo anziché semplicemente mostrare “come faccio io” (quale vorrebbe essere)…non so…per questo, ci provo e vediamo dove andiamo a parare. Vediamo cosa ne imparo. E intanto ve lo racconto.

Una serie di sogni ravvicinati sul tema dell’auto. 
Una mattina mi sveglio, con un senso di irritazione e fastidio.
Ricordavo, più che veri sogni,  una serie di frammenti.
Nonostante questi sentimenti di fastidio e disappunto, che mi spingevano a scacciar via quel poco di ricordi che avevo, mi sforzo di scrivere. (Tanto lo so, anche quando proprio non ti sembrerebbe, scrivere fa bene sempre e comunque, se non altro per trasformare lo stato d’animo).

1 . Primo sogno

Sono in giro. 
A un certo punto sono in auto, seduta dietro. Non so chi guida, alla guida non c’è nessuno.
Sono nuda, ho solo un piccolo spolverino, una specie di vestaglietta da camera molto corta, di un colore delicato pastello (rosa o giallino) che mi appoggio addosso. 
C’è anche mio figlio minore seduto accanto a me, mentre il maggiore è forse seduto davanti al posto del passeggero, ma non fa nulla.
Io cerco di convincere il figlio che è dietro con me a passare davanti cercando di prendere la guida, credo che potrebbe farcela ma ho una gran paura della polizia. Se ci fermano, lui è minorenne e non ha la patente. 
Poi il mio problema è come scendere dall’auto in quelle condizioni per arrivare a casa mia.

Si capisce perché al risveglio io provassi un gran disappunto? Non è l’unico sogno che mi fa di questi scherzi, in un periodo in cui non sogno più tanto spesso film in 3D, con trame avvincenti, colorate e lunghissime!

La mia autointerpretazione.
Sono in un mezzo di trasporto che procede ma non ho idea di chi lo stia guidando, e non è nemmeno l’uomo invisibile (che almeno sarebbe pur sempre qualcuno). Semplicemente sembra non guidare “Nessuno”.
Quindi si dedurrebbe che io vado nella vita non guidando io, ma “guidata”, cioè non padroneggiando la situazione né dirigendomi dove voglio. Io mi faccio portare, non scelgo.
Questa interpretazione mi crea un senso di frustrazione dolorosa, la sento come una constatazione di fatto di incapacità e inadeguatezza, come un giudizio e una punizione al tempo stesso. 
Il fatto che sono nuda, può rappresentare anche che io cerco sempre più di essere me stessa senza finzioni, ma in realtà in quella situazione sono a disagio per esserlo, comunque ho questo indumento molto femminile e delicato, per coprirmi in modo essenziale.
I vestiti in qualche modo simboleggiamo la nostra maschera, la copertura, il modo e lo status in cui ci presentiamo nel sociale. 
Io in questo caso ho un capo di vestiario che sì, mi copre più o meno, ma è intimo mentre io sono nel sociale, anche se per il momento chiusa (e più o meno protetta) in auto. Quindi, altro disagio!
Che io mi copra (presenti al mondo) con modi femminili e delicati, ma troppo intimi, non adeguati alle situazioni? 
Potrebbe rappresentare un mio timore, del resto il Capricorno è un tipo riservato, e forse non è poi tanto contento di mostrarsi per come è nell’intimo. Infatti, nel sogno non mi sento certo soddisfatta o tranquilla di potermi coprire così.
È chiaro perciò che sono vestita (attrezzata) inadeguatamente, per di più mi faccio portare non so dove da non so chi (ma certo quel “Nessuno” posso pensare che sia il mio inconscio, talmente inconscio da non rappresentarsi nemmeno nel sogno come un essere, magari sconosciuto o invisibile!).
Non so bene cosa rappresentino i miei figli. Le mie parti giovani, il mio maschile interiore ancora adolescente? Sono tutte ipotesi di lavoro.
Il maggiore forse c’è, ma, pur potendo lui guidare, non assume alcun ruolo. 
Perché non penso di far guidare lui?
Il minore, con cui sono nel sogno più a contatto, e che però è quello che non ha la patente, cerco di convincerlo a saltare davanti e guidare. 
Perché la polizia certo si insospettirebbe a veder passare un’auto che non ha il conducente. Ma potrebbe anche decidere di fare un’ispezione e allora saremmo tutti nei guai, e io avrei inguaiato anche mio figlio per il suo futuro.
Perché non mi viene in mente di saltare io alla guida? Forse perché sono nuda e non mi voglio muovere per non dovermi scoprire? E’ come se solo lui potesse saltare al posto di guida e fare qualcosa.
I due motivi fondamentali di preoccupazione nel sogno sono che vorrei rientrare a casa mia senza essere vista dalla gente e che la polizia/autorità possa incriminarci. E’ chiaramente un timore di giudizio e sanzione.
Da sveglia infatti la mia preoccupazione è che il mio caro inconscio sembra mi stia dicendo che ancora sono inadeguata, che non guido la mia vita, che sono alquanto indietro nel mio sviluppo, ahimè! Il mio sentimento in quel momento è che vivo questo sogno some una sorta di punizione (per cosa? Per aver osato troppo in qualcosa? Per aver creduto che “ce la stessi facendo”?).

2. Secondo Sogno

Vedo l’auto di una donna che so essere stata mia amica tempo addietro, alla quale ho voluto bene anche, e forse proprio, perché era profondamente diversa da me.
E’ con un nuovo partner, uomo apparentemente molto affascinante, capelli lunghi, cappotto doppiopetto grigio, elegante.
Lui è al posto di guida.
Lei ha il viso cupo e l’aria depressa, non mi vede nemmeno. Comprendo che lui nonostante la buona apparenza è uno sbandato e penso che lei si trova sempre uomini così.

Autointerpretazione.
(Peggio mi sento!). Lei rappresenta un tipo di donna avventurosa, impulsiva, ma poco strutturata, che non riesce a prendere in mano la propria vita e che tende a invischiarsi con uomini cha la sfruttano e danneggiano, e verso i quali sviluppa molta dipendenza, tanto più quanto più viene da loro trascurata e non ascoltata. 
Nel sogno, dapprima penso che stavolta è riuscita a trovarsi un tipo diverso, che sembra più in gamba del solito, curato nell’aspetto e dotato di fascino anche ai miei occhi. 
Ma subito mi avvedo, attraverso lo sguardo che colgo in lei, che non c’è differenza coi balordi che ha sempre frequentato. 
Per balordi, esattamente intendo qui uomini deboli, con poca spina dorsale, che si atteggiano a duri ma in realtà si appoggiano totalmente sugli altri, che cercano di sottomettere.
Cosa mi suggerisce questo sogno? 
Provo sentimenti di diffidenza, ma anche di rabbia, perché mi vengono sottolineate nuovamente cose che non mi sembra mi riguardino più (la dipendenza, la passività, il lasciar fare agli altri, che non sono ovviamente altri che agiscono per il nostro migliore sviluppo ed interesse).
Poi faccio un’associazione. 
Dal tipo del sogno passo a pensare a un uomo che conosco e che è malato. 
Da qui, a mio padre. 
Ma mio padre, a differenza dell’uomo del sogno, era un uomo di grande levatura morale, solo fiaccato nel fisico per una malattia cardiaca conseguita a vent’anni, che lo condannava senza praticamente appello ad una vita breve; era probabilmente piuttosto arrabbiato con la vita per questo. Senza il probabilmente. 
Ecco qua spiegato il mio Marte in 6a Casa (la salute e i limiti) opposto al Sole (in I Casa). Ed ecco qua la mia rabbia, da lui colta e recepita, fatta mia ma non ancora elaborata, o forse nemmeno totalmente riconosciuta. 
L’idea è che se anche vuoi fare tanto, andare, realizzare, non puoi. Hai le frecce spuntate. A causa di un limite che ti viene posto. Quell’opposizione nel mio tema, cui non ho dato sinora grande importanza, più che altro perché non sapevo bene da che parte cominciare a prenderla, potrebbe rappresentare qualcosa di ereditato, che poi ho fatto mio; qualcosa avvertito in lui, collegato alla linea maschile della mia famiglia, passatami da mio padre, che lui non è riuscito a risolvere, e che io ho raccolto.
La frustrazione, la volontà spezzata e la rabbia. Che lui non può insegnarti a riconoscere e gestire, perché neanche lui sa farlo, perché sta già facendo del suo meglio, affrontando i suoi mostri personali. Da cui tu, bambina, prendi le distanze, perché la rabbia ti insegnano che è una “brutta” cosa. Quindi la rimuovi, imparando a negarla quando la senti. Tagliando le radici al problema (e all’opportunità).
Ed ecco qua che il mio andare non si collega al fatto di essere io a guidare la mia auto e di trovarmi adeguata alle situazioni. Il mio Marte ha la freccia un po’ spuntata.
Se notate, sembra che il secondo sogno dia spiegazioni per il primo e serva a collegare a mio padre e al mio Marte astrologico tutta la situazione, attraverso un personaggio onirico molto distante da lui in apparenza, ed una persona reale che ha una situazione che mi consente il collegamento a mio padre.

Ma non è finita! E sempre nella stessa notte!

3. Terzo Sogno

Nella stradina di campagna che parte dalla casa di una zia materna, nella quale da piccola mi divertivo un mondo per i tre mesi di vacanze estive, io sto passeggiando tranquilla, scendendo lungo la discesa di terra e breccia. 
Improvvisamente, alle mie spalle arriva un’auto molto colorata, sulla quale si trovano tre uomini, che, a velocità elevatissima, per poco non mi travolge, e poi, giunta alla colonnina di marmo che contiene una statuetta della Madonnina ed è posta all’incrocio con un’altra strada, urta un’auto che era lì parcheggiata, dandole una forte spinta in avanti e mandandola lungo la strada verso destra.
Io, irritata da tanta arroganza, dico: “Ma chi vi credete di essere?”. 
Allora i tre balordi prepotenti, a quel punto ce l’hanno con me e so che torneranno indietro per mettermi sotto. Devo cercare scampo.
Torno a casa e cerco di modificare la mia pettinatura per non farmi riconoscere. 
(Una massa di lunghi capelli rosso fuoco che prima erano legati e ora decido di tenere sciolti, anche perché il fermaglio di strass con cui cerco di sistemarli non funziona).

Francamente mi pare giustificabile che il mio umore non fosse dei migliori, con questi  sogni!!
Sembrava che proprio adesso che cercavo di proporre un lavoro sui sogni al mondo, i miei mi venissero a ricordare quanto inadeguata o priva di riferimenti io potessi essere! (Classico esempio di pensiero negativo basato su schema mentale introiettato da anni; ma mentre lo vivi e ne avverti l’emozione negativa collegata non lo comprendi subito così bene!).

Autointerpretazione del terzo sogno.
La casa di campagna è un luogo dove andavo nelle vacanze estive dai sei ai quattordici anni coi miei fratelli e i miei nonni materni, che vivevano con noi.
Lì, avevo una cugina molto amata con cui giocavo e mi divertivo molto e devo dire vivevo giorni veramente spensierati. L’abitudine di trascorrevi le vacanze era iniziata subito dopo la morte di mio padre.
Quindi, luoghi dell’infanzia, legati al lato materno, cui vengo affidata quando viene meno il padre.
Personalità mia, sviluppata in quegli anni in cui “facevo tranquillamente a meno di un padre” (grazie a Saturno non è stato difficile, in apparenza), in cui mi poggiavo sul modello di un femminile psicologicamente e materialmente forte (troppo) di mia madre e di entrambe le nonne,  relegando al mondo del maschile personaggi deboli, o malati, o morti, che nel sogno compaiono e fanno i prepotenti (il che è lo stesso).
Macchina molto colorata = molto vitale.
Questo maschile quindi irrompe nella mia vita come qualcosa di intenso, che non si può non notare. Come apportatore di vita ed emozioni.
Tre uomini, di cui uno guida: è di mezza età, non molto alto, robusto (mio padre era invece molto alto e magro). Sono prepotenti, arroganti e pericolosi. Vanno dritti per la loro strada divertendosi a velocità pazzesca, infischiandosene di poter travolgere o meno qualcuno.
L’auto che viene urtata poteva essere la mia, era parcheggiata dietro alla colonna della Madonnina; io so che c’è, ma la vedo solo quando viene spinta in avanti dall’urto; e lì con delusione mi avvedo che è solo una vecchia carcassa, senza vetri, né parabrezza, neanche più si distingue il suo colore, non è arrugginita ma scolorita, è come un vecchio fantasma, è uno scheletro d’auto che è stata urtata e solo per quello si sposta….
Il risultato di questa autointerpretazione è davvero deludente.
Mi chiedo quale sia il messaggio. Si parla di inadeguatezza, di incapacità di fronteggiare pericoli e prepotenza altrui (il Marte altrui?). 
Se ho una giusta reazione di rabbia e indignazione, perfino quella sembra mettermi in ulteriore pericolo! Tanto che alla fine posso solo nuovamente nascondermi dai persecutori.
Se l’avvertimento è: non protestare contro i prepotenti, o se è: difenditi, ma subendo in silenzio, non mi pare davvero incoraggiante! 
Non può essere questo il messaggio! Anche se mi si sta dicendo che magari non è quello che dovrei fare ma quello che sto facendo. 
Io lo vivo come se il professore a scuola mi desse  un votaccio sul compito. (Sto registrando le mie sensazioni, e non mi diverto per niente!!).

Provo a ragionarci ancora. 
Provo ad utilizzare un metodo di cui ho letto di recente in un bel libro (4), ma che io non avevo mai sperimentato. Il metodo mi pare interessante, ma io temo di non saperlo applicare.
Si tratta di prendere un personaggio del sogno e dialogarci. Fargli domande e lasciare che lui risponda. Occorre essere sereni e rilassati, certo, per poterci riuscire.
Da soli, senza l’aiuto di una guida, sinceramente non so quanto sia fattibile.
Ma la situazione richiede ogni tentativo, i miei sentimenti sono così frustrati e delusi, devo fare qualcosa; decido di provarci.

Dialogo.
Io: -Che volete?
U (uomo-uomini): -Devi spostarti quando passiamo noi!
Io: -Va bene, certo, io mi sposto, ma perché tutta quella prepotenza?
U: – Tu spostati e basta, noi non vogliamo intralci.
Io: -Ah, certo! Siete la prepotenza fatta persona. Ma perché siete così **** (=parolaccia)?
U: -Noi siamo e basta! Anzi, visto che ci hai sfidato, ora ce l’abbiamo con te.

Con sconforto, penso che non c’è possibilità di dialogo con quella parte. Anzi, sono molto arrabbiata con quella parte e loro li prenderei solo a parolacce!
Non erano esattamente così, i dialoghi che avevo letto sul libro come esempio!
Sembrava proprio non esserci nulla che io potessi fare di costruttivo, ero sempre più delusa e rattristata.

Che soluzioni mi voleva offrire il sogno? Non è che veniva solo a far crollare le mie (già poche) certezze? 
Non trovarmi sulla strada dei prepotenti. Nascondermi e non farmi vedere né sentire. Ne ho fatti a bizzeffe di sogni così!
Se li affronto, non è affatto detto che, anche se vendo cara la pelle, io ce la faccia. 
E farmi far fuori non è esattamente ciò che vorrei per la mia vita.
Che razza di suggerimenti sono?
Chi sono quegli uomini? Perché il dialogo non mi riesce? 
Non sono capace io? Non è vero che funziona? 
Perché quella macchina che viene urtata e che forse era la mia, mi sorprende per il suo aspetto di vecchia carcassa? Tra l’altro la forma mi ricordava quella di mia madre con la quale per l’appunto ella ci portava all’epoca in quella casa. 
Ogni domanda suscita ipotesi di possibili risposte. Occorre muoversi tra esse in attesa che succeda qualcosa.
Forse il mezzo che io uso per andare avanti/per muovermi/farmi strada nella vita è un mezzo fuori uso, obsoleto, che cammina e procede (notare che l’auto va a destra, che io considero simbolicamente andare verso il futuro) solo se qualche prepotente la urta! 
Cammina e si muove solo come re-azione, non per sua/mia volontà (neppure potrebbe, del resto, è un ferrovecchio ormai praticamente inutilizzabile, cosa che peraltro, prima di vedermela sfilare davanti, non sapevo; finché essa era nascosta alla mia vista dalla colonnina della Madonnina io la immaginavo un’auto normale).
Mi viene in mente Marte (affermazione) e le spiegazioni psicologiche in cui si elabora la differenza tra il reagire di un Marte ancora immaturo e non consapevolmente integrato nell’Io e l’agire di un Marte che si pone al servizio e sotto la guida del suo signore.
Che io viva tutto questo come un giudizio di inadeguatezza che mi dà il Sogno /Inconscio, so che è parte del mio schema di pensiero che eredito dal passato e che non ho ancora del tutto smantellato. 
Ma posso riconoscere tale sensazione e dire a me stessa che non necessariamente oggi è così.
Posso pensare che oggi il sogno mi viene a parlare con modi e simboli dei sogni dei tempi passati, ma richiamando gli strumenti odierni che ho a disposizione, per dirmi che questo era sempre stato il problema e che oggi l’integrazione può avvenire. 
Oggi, ora, io posso vedere. Vedere è il primo passo per guarire. 
Sta di fatto però che io questi ragionamenti li faccio ora, che al momento non riuscivo ancora a trovare la via per risalire dal pozzo in cui ero scivolata.
E quel tentativo di dialogo naufragato così miseramente? Con me che li prendevo a parolacce e loro che rispondevano più prepotenti che mai!?

In realtà, c’era stata fin dall’inizio e per tutto il tempo, una sensazione fastidiosa, tra le altre, che mi riecheggiava fin da subito Marte, l’aggressività, la capacità di difendersi e di imporsi, e fatti precisi accaduti pochissimi giorni prima, che mi aleggiavano nella mente ma io continuavo a scacciare, minimizzandoli e dicendomi che erano cose troppo poco importanti, perché fosse di quelle che il sogno mi voleva parlare!
Si trattava di una situazione in cui ero stata coinvolta da una persona a mettermi in gioco, io avevo accettato, e poi l’altra persona si era tirata indietro con un comportamento anche leggermente isterico, sembrando attribuire a me non si sa bene quali responsabilità. 
Io avevo deciso che andava bene lo stesso, che non importava, che avevo avuto il mio insegnamento, anche se avrei potuto per lo meno dire in faccia che quello era stato un comportamento quanto meno capriccioso e infantile.
In effetti, non mi aveva lasciato chissà quali sensazioni o rabbie, veramente non pensavo che valesse la pena tornarci sopra, ero sinceramente abbastanza tranquilla quanto a quel fatto. 
Non era più che un lieve fastidio, che stava lì, da una parte, e che sarebbe presto svanito del tutto. 
E che avevo deciso di non considerare più.
Tuttavia, fin dall’inizio, la storia degli uomini prepotenti, le mie varie inadeguatezze, il farmi portare da un’auto che non guido io, eccetera, mi riportavano quell’episodio alla mente, ma io mi continuavo a ripetere, sinceramente convinta, che non poteva trattarsi di quello, perché veramente non aveva avuto per me tutta questa risonanza! 
Inoltre quella tipologia di sogni mi era appartenuta da una vita.

Ma quando sia l’autointerpretazione che il tentativo di dialogo erano miseramente falliti, e io mi ritrovavo ancora con quelle sensazioni di tristezza, frustrazione, fastidio e disappunto, decisi infine di provare a seguire la via di indagare circa l’episodio in questione.
Effettivamente c’erano delle cose che avrei potuto dire a quella persona, effettivamente mi sentivo irritata per essere stata chiamata in causa, coinvolta, per aver deciso di prestare la mia attenzione e, in cambio, essere poi lasciata lì senza considerazione né rispetto.
Non era fondamentale per me, d’accordo, ma sta di fatto che non avevo detto nulla. 
Provai ad ascoltare meglio dentro di me se c’era invece qualcosa che avrei voluto dire. Mi accorsi che c’erano parecchie cosette, e decisi perciò che le avrei scritte, anzi, che avrei scritto direttamente una bella lettera a quella persona per fargliele sapere tutte.
Così, misi da parte il lavoro sul sogno e cominciai a scrivere elencando dalla a alla z ogni piccolo fatto che mi aveva creato fastidio del comportamento di quella persona nei miei confronti (che non era poi così grave, ma in effetti tra fatti e fatterelli, ve n’erano diversi).

Scrissi più fogli, fitti fitti. Alla fine mi sentivo contenta e rilassata. Dissi a me stessa che forse il sogno mi stava suggerendo che in realtà io non ero affatto così tranquilla come credevo, né così superiore ai fatti accaduti, ma invece ero arrabbiata con quella persona.
Semplicemente, mi ero, come mio solito, impedita di vederlo. 
Forse il sogno voleva che io scrivessi la lettera e dicessi a quella persona ogni cosa, che rimettessi le cose a posto.

A quel punto, in cui sentivo che la mia tensione e il nervosismo si erano notevolmente allentati, provai nuovamente a intessere il dialogo, così, quasi più per curiosità “scientifica” che per vera convinzione che ci fosse qualcos’altro da scoprire (in fondo credevo che non fosse così facile lasciar dire cose autonome a dei personaggi cui noi stessi diamo voce, e volevo sperimentarlo. Già che c’ero).
Trascrivo qui il successivo dialogo, in modo fedele a quanto è sgorgato e da me scritto di getto.

Secondo Dialogo.
Io: -Ehi, che fate? Attenti! Perché siete così invadenti?
U: -Perché tu non lo sei a sufficienza.
Io: -Ma io sto qui tranquilla. 
U: -Se tu fossi davvero tranquilla come dici, non ti darebbe alcun fastidio la nostra invadenza. La mia provocazione ti fa reagire ma poi scappi perché temi di aver toccato qualcosa di pericoloso.
Io (sentendomi serena e non provocata):-E’ vero. Allora sei venuto a “rompermi” per farmi capire questo?
U: -Sì, certo.
Io: -Ti ringrazio allora. Tu sei stato così **** (parolaccia di prima) perché io non ti lasciavo altra scelta, in un certo senso ti avevo escluso dal mio orizzonte senza prima averti dato la possibilità di integrarti con me. Ora ho scritto quella lettera, accettando di dare voce alla mia aggressività e riesco a tenere questo dialogo sereno con te. Non ti rifiuto più, infatti ti vedo meglio disposto verso di me. Lo dimostra il fatto che ora mi sento serena. Grazie.
U:- Di niente.

A quel punto, non ebbi più bisogno di analizzare niente.
Il mio stato d’animo era veramente cambiato e io potevo affrontare serenamente la mia giornata.

Il sogno, con modalità e simboli a me familiari, mi veniva a sollecitare per riconoscere in me stessa un sentimento di rabbia ed un’istanza di affermazione di me che stavo soffocando con la scusa di essere matura e “superiore” e di evitare problemi. 
In realtà, era la vecchia modalità di lasciar fare all’altro per ottenerne un’implicita conferma/accettazione,  trattenendomi dal dire la mia, travestita in forme un po’ più sofisticate. Ma la sostanza, quella era!
La mia modalità di affermazione / difesa era un mezzo infantile (magari sviluppatosi in quell’epoca) ormai non più utile ed efficiente (auto che è solo una carcassa vuota) che oggi agisce e va avanti solo per effetto di una provocazione esterna (il Marte che re-agisce anziché agire).
Ecco perciò le auto che guidano me, anziché io guidare loro. (Io vedo molto l’auto come un prolungamento marziano dell’Io; astrologicamente è un’impostazione morpurghiana che non rinnego e credo sia giustificabile anche per la mia Terza Casa in Ariete).
Ecco la passività cui si può andare incontro, per amore del quieto vivere e la ricerca dei comodi e ovattati agi cancerini, con il mio Marte in Cancro. Che poi rivolta però sempre la rabbia verso se stesso (la somatizzazione preferita diventa lo stomaco), grazie anche alla censura di sentimenti ed emozioni che Saturno dal Capricorno sa bene come operare!
Il fatto con la persona davvero non era poi tanto importante in sé, infatti nei giorni seguenti il bisogno di inviare la lettera scemò del tutto. 
Ma per la mia consapevolezza, il tutto fu invece di grande importanza; ero stata in grado, grazie alla guida del sogno, di ascoltarmi e leggermi dentro, di saper avere occhi per vedere e orecchie per ascoltare, tra l’altro, una lezione di astrologia psicologica con dimostrazione in laboratorio.  
Che fortuna, che gran dono!
La massa di capelli rossi, che stavo cercando di “sistemare” per camuffarmi onde non farmi riconoscere dai persecutori, simbolicamente ricorda: i capelli, la forza (che riporta anche a Marte) e gli istinti (Plutone, nel mio tema è perfetto sestile a Marte; in questo periodo Saturno di transito è su Plutone); il rosso, Marte; io li sciolgo, quindi, pur se ancora mi camuffo, in realtà anche lascio liberi la mia forza e il mio potere e non li può più trattenere il femminile e prezioso fermaglio di strass!

Per inciso, il sistema del dialogo funziona!

4. Quarto sogno

(Notte successiva)
Sono in un’auto piccolina, seduta davanti, lato passeggero! 
Al posto di guida c’è una bimba. Avrà otto, dieci anni. 
Siamo ferme e stiamo chiacchierando. 
Improvvisamente, l’auto si sfrena e comincia a scivolare all’indietro, lungo una ripida discesa.
Io, direttamente, non posso far niente per fermare l’auto perché c’è lei alla guida.
Non posso usare direttamente i comandi.
Allora comincio a parlarle, con voce ferma e cercando di infonderle la massima fiducia  e serenità.
Lei è terrorizzata.
Io le dico con voce profondamente calma di spingere il pedale centrale.
Lei esegue fedelmente. Perché, lo sento, la fermezza e serenità della mia voce la sottraggono alla paralisi del panico.
L’auto frena e si ferma.
Ma quando arriviamo al fondo della discesa, dopo un attimo di pausa l’auto riparte in avanti, perché ora l’inclinazione della strada è mutata e la discesa è davanti a noi.
Di nuovo il panico e il terrore nei suoi occhi. 
Io le dico ancora di frenare, tengo a bada la mia paura per governare quella di lei, la incoraggio, le dico che è brava e che va molto bene quello che sta facendo, le infondo con calore fiducia in se stessa. 
Ma qualcosa lo stesso non va, perché l’auto acquista velocità. 
Guardo la zona dei pedali e vedo che lei per sbaglio sta pigiando l’acceleratore anziché il freno (che però è il pedale più a sinistra, dove solitamente sta la frizione).
Con calma le dico di spostare il piede sul pedale al centro. 
La guido con la dolcezza e fermezza della mia voce per far sì che freni con la giusta gradualità, perché temo che l’auto possa sbandare.
Alla fine comincio a tirare il freno a mano, perché la velocità è ancora troppa, temo che sbanderemo, invece finiamo per fermarci perfettamente a fianco di una bambina che è accanto ad una donna (siamo noi due) che si trovano su un piazzale (quello di dove andavo alle elementari dalle suore, con al centro un’ampia aiuola con una bellissima statua in marmo bianco della Madonna con una corona di stelle).

Questo ultimo sogno non lo interpreto tutto, mi pare molto chiaro.
I riferimenti biografici sono la vicenda dell’accelerare anziché frenare (che mi capitò realmente in un primo tentativo di guida, in preda all’emozione, all’età poco maggiore di quella della bimba del sogno) e l’ambiente della scuola….direi che in comune con l’altro sogno c’è anche la statua della Madonna, quest’ultima molto più grande e sontuosa. Quasi un riferimento alla Madre, all’archetipo della Grande Madre Buona.
Il fatto che io incoraggio e guido la bambina, che reggo e contengo il suo terrore, è chiaro sintomo che ora sono in grado di fare la madre a me stessa (sto guarendo il mio archetipo materno, ma anche paterno, in fondo, perché mentre contengo e do fiducia, la guido anche verso la soluzione). 
Il fatto che ancora è la bambina che si trova alla guida è probabilmente un retaggio del passato. Del resto l’auto parte perché si sfrena, e poi riparte nuovamente perché l’inclinazione della strada muta (mutano le circostanze). Il fatto che all’inizio non posso intervenire direttamente ma solo arrivare a lei attraverso il parlarle in un certo modo, credo rappresenti l’importanza dell’elaborazione/comunicazione con le parti di noi. Alla fine infatti intervengo direttamente anche  io a frenare.

Direi perciò che non è esatto dire che ancora non guido direttamente l’auto. Ho già cominciato a farlo. 
Quello che tento in realtà, e che il sogno mi rappresenta, è qualcosa di molto importante: integrare le varie parti, tra cui principalmente quella che ha sempre dovuto “guidare” finora, a causa di una serie di circostanze, cioè una bambina spaventata cui sono state affidate (che si è scelta di prendere), in età precoce, responsabilità da adulta e che ha fatto del suo meglio, tra terrori ed emozioni che paralizzano.
Direi che il sogno mi suggerisce che ora posso fronteggiare le situazioni con calma, serenità e forza d’animo, ricorrendo ad una ferma dolcezza (che sia una buona ricetta per Marte in Cancro?). 
Che poi posso intervenire anche io direttamente; che alla fine non accade neanche un danno, né all’auto, né tanto meno a me, e alle mie parti. 
Quello che avviene in questo periodo, indicato dalle evoluzioni cui si sottopone il mio tema natale, è, tra le altre cose, una profonda revisione del rapporto con l’autorità e il tentativo di riguadagnare il pieno e consapevole possesso dei territori della mia capacità di affermazione e di potere personale. Con annesse prese di responsabilità. Cosa non facile, né affatto scontata, come ben sa chi si dedica onestamente a questo lavoro.
Sto tentando di ragionare con Marte, Saturno in veste di autorità, e Plutone potere, di venire a patti con loro, di ascoltare cosa vogliono dirmi, affinché la smettano di dovermi mandare messaggi trasversali tramite i sogni per poter entrare nell’ambito del mio Io conscio. Poverini, in effetti è da parecchio che bussano in questo modo alla mia porta! S’erano anche un po’ stancati di bussare, ma ora che hanno captato che c’è aria di rinnovamento, che il momento è propizio, sono tornati alla carica.
Sono felice di queste mie interpretazioni, sono felice della vita che mi si sta raccontando nei sogni mentre la vivo.

Credo che ora dovrei, in ossequio a un minimo di metodo, seguitare a dare quei principi di cui parlavo tempo fa.
Ne avevo elencati quattro, che erano:
1. Principio della fiducia di base nella natura umana
2. Principio della totalità del sogno
3. Principio della tendenza alla guarigione
4. Principio della partecipazione attiva
Avevo successivamente spiegato i primi due.
Ora completo con gli ultimi due.

3. Principio della tendenza alla guarigione.
La psiche, se vogliamo usare un termine “scientifico”, o anima, termine più poetico e filosofico, insomma quel Qualcosa di unitario che è nella nostra interiorità, vuole la guarigione, la pace, l’integrazione e la conciliazione armoniosa delle parti, e lavora indefessamente per ottenere questo scopo. 
Esattamente come il corpo, che costantemente lavora per lo stesso scopo, per riparare, sostenere, reintegrare e guarire le parti malate, cercando sempre di pervenire ad un equilibrio di parti e ad un fluire libero di energie.
Se accettiamo questa idea, che è del resto perfettamente logica, ogni cosa che ci accade, come pure ogni sogno che possiamo fare, non sarà mai per uno scopo di nocumento, pur se si trattasse di un incubo terrificante, ma sempre di apporto di utilità. 
Che ciò sia logico, può anche essere un’idea di chi scrive, ma ammesso e non concesso che anche non fosse così, questa idea aiuta a sviluppare un atteggiamento positivo verso la vita che a sua volta porterà a un comportamento improntato alla fiducia e volto ad individuare risposte positive; poiché è evidente che focalizzare l’attenzione su certi aspetti consente poi di individuarli molto più facilmente, direi che quanto meno c’è una grande convenienza pratica, se si vuole stare bene, a pensarla così.

4. Principio della partecipazione attiva.
Il metodo presuppone un lavoro, un ruolo attivo: è la persona stessa che si analizza, che deve innescare un processo di attività varie che la portano a investire energia su di sé, allo scopo di trovare messaggi che l’aiutino a dare senso, a rendersi consapevole di questioni importanti delle quali magari non si occupa a sufficienza, alle quali  non  presta attenzione, o perfino che evita accuratamente di prendere in considerazione.  
Però, appunto, come nell’analisi e in qualunque lavoro su di sé, il metodo è tanto più efficace quanto più la persona è  sinceramente intenzionata a lavorarci attivamente, ad impegnarvisi in prima persona.
Il che non vuol dire che non si possa chiedere, anzi! 
Il confronto, il chiedere, il cercare spiegazioni, ad esempio dei simboli che verranno di volta in volta individuati, anche attraverso ricerche sui libri, o varie altre fonti, saranno sempre importanti, perché allargano il ventaglio di informazioni disponibili, e aiutano ad immaginare significati plausibili, a formulare continue ipotesi di lavoro. 
Si dovrà diventare come degli Sherlock Holmes, sviluppando il fiuto e il gusto dell’investigatore (dei fatti dell’anima). Chiaro che ci saranno persone più o meno predisposte o amanti di tali lavori introspettivi, ad ogni modo credo sia interessante per chiunque, e specialmente proprio per chi non vi ha mai pensato, scoprire dentro di sé tesori, storie affascinanti, percorsi intriganti, sontuose architetture di trame. 
Il ruolo è attivo anche perché infine l’interpretazione può e deve sentirla vera su di sé il sognatore stesso, che percepirà attraverso il modificarsi delle sue emozioni lo sviluppo del lavoro ed il raggiungimento dei risultati (considerando che è sempre possibile andare oltre, sarà la trasformazione dello stato d’animo, come un aprirsi e distendersi della percezione sensoriale interna e della coscienza, che dimostreranno di aver raggiunto un traguardo nel percorso).
Pensiamo a come questo può arricchire la nostra esistenza e contribuire a trasformarla pian piano in una vera e propria arte di vivere!

Note.
(1) Carl Gustav Jung, “Ricordi, sogni, riflessioni”, Raccolti ed editi da Aniela Jaffé, BUR, 2006, pag.172
(2) Ibidem, pag.173
(3) Ibidem, pag.173
(4) Strephon Kaplan Williams, “Manuale d’interpretazione dei sogni”, Newton Compton Editori, 1988

a cura di Bruna Scataglini