“We are such stuff
As dreams are made on”
(Noi siamo della stessa materia di cui  sono fatti i sogni)
(Shakespeare, La Tempesta)

Introduzione.
In questo spazio parleremo di sogni, sia come racconti di sogni fatti che come interpretazioni elaborate sulla base di un metodo di analisi ed autoanalisi incentrato sul simbolismo. Parleremo della ricchezza che ne deriva e dell’importanza di coltivare questa esperienza anche con riferimento a tradizioni, studi, riflessioni personali, incastonando il tutto nel contesto dell’astrologia.

Nascita del metodo di autoanalisi basato sul Diario Onirico.
Questo metodo di autoanalisi dei sogni è stato messo a punto grazie ad un lavoro personale svolto per oltre cinque anni e alla sua trasmissione a numerose altre persone.
Ho sempre avvertito il potere dell’esperienza onirica di farci sperimentare un’altra dimensione, affascinante e “strana” (strana perché straniera, diversa, dalla dimensione reale e quotidiana).
Tutto è iniziato dal semplice desiderio di scrivere i sogni fatti per non dimenticarli, con una sorta di  piccolo autocompiacimento per queste “strane produzioni di fantasia”, che dava la possibilità di rileggerli a distanza di tempo e fissare nelle parole scritte, per quanto possibile, la fresca immediatezza di una produzione tanto effimera.
Mi ero accorta, infatti, che rileggendoli, quantunque all’inizio le descrizioni sembrassero sempre in qualche modo approssimative rispetto all’intensità e alla nitidezza percettiva del sogno, avevo modo di rievocare le emozioni in esso vissute. 
Penso, ora, che, a un livello non ancora consapevole, ci fosse fin dall’inizio la percezione di altri livelli di utilità del poter ricordare i sogni fatti.
Dal semplice fatto di scriverli, il passaggio a cominciare ad appuntarsi brevi annotazioni di possibili significati è nato in modo spontaneo. Alla base c’erano una forte propensione all’introspezione e la predisposizione ad avvertire che il sogno è il linguaggio efficacissimo che il mondo immateriale, attraverso il nostro inconscio, può usare per comunicare in modo potente con noi. Ciò ha favorito la ricerca, fattasi man mano sistematica, dei possibili significati nascosti dietro alla portata simbolica del sogno e dei suoi elementi. Ero sicuramente alla ricerca di messaggi, da dovunque potessero pervenire, e quindi in uno stato generale di ricezione. 
Astrologicamente, il momento esatto in cui inizio la redazione dei miei quaderni di sogni  con la loro sistematica interpretazione si caratterizza nel mio cielo per: Plutone in semisestile a Mercurio (mondo infero che irrompe nel campo percettivo), Nettuno, che viaggia da tempo ormai nella I Casa, in quinconce sia con Plutone che con Marte (a richiedere ed impostare ampie revisioni circa il potere personale e l’affermazione di sé), Urano in perfetto semisestile a Saturno (nuove prospettive ed idee che entrano sottilmente nei vecchi schemi e leggi), Giove in Gemelli nella 5a casa (a indicare la comunicazione alla base dell’ampliamento dell’espressione di sé), Marte opposto a Saturno (necessità di affermazione diversa che in passato), Mercurio, Signore della comunicazione interna ed esterna, opposto a Mercurio (blocco della comunicazione razionale) ma trigono a Nettuno (diventa canale ricevente di una ben diversa comunicazione). Potremmo notare che ci sono molti aspetti esatti cosiddetti minori (semisestili, quinconce) a suggerire l’ipotesi che nel campo effimero del sogno essi possano svolgere un ruolo particolarmente significativo.
Mettermi subito a redigere il mio Diario dei Sogni era divenuta una piacevole abitudine (ma anche una necessità) di ogni mattino appena sveglia. Un giorno, ricevetti una illuminante e molto concreta indicazione dal sogno appena scritto e mi resi conto all’improvviso che mi trovavo davvero a dialogare con qualcuno, quasi una specie di entità, di essere. Qualcuno di molto familiare, di vicino, percepito nitidamente. Lo sentivo parte integrante di me; sembrava parlarmi amorevolmente, inviarmi messaggi precisi. Sentivo che aveva cose importanti da dirmi e una chiara “volontà” di comunicare con me. Era sorprendente che, soprattutto, sembrava stesse rispondendo alle domande che erano in me e che mettevo a fuoco nel momento stesso in cui interpretavo il sogno.
Fu un momento molto bello, devo dire, di intensa vertigine. Mi sembrò di toccare concretamente l’intangibile, qualcuno che non ero io, per certi versi, perché esterno alla mia coscienza; ma molto reale, perché infatti mi stava comunicando delle cose; così intimo, caldo, rassicurante, che mi dava una sensazione di grande appartenenza. Non ero io ed ero io allo stesso tempo (dimensione tipicamente onirica sperimentata in piena veglia e coscienza).
Fu un incontro commovente, caldo, capace di irradiare nel cuore un abbraccio di guarigione e svegliare un senso di grandissima fiducia nella vita che scorre in noi.
A quel punto, la portata emotiva di una tale esperienza non poteva che rinsaldare la mia volontà di continuare a cercare i messaggi che vi erano in serbo per me.
La dedizione al sistema così elaborato creò presto un percorso, ripercorribile tante e tante volte, modificabile, perfezionabile, trasmissibile ad altri.
Per oltre cinque anni ho svolto con fervore questo piacevole lavoro praticamente ogni giorno. Esso mi ha accompagnato fino a compiere scelte importanti della mia vita.

A distanza di tempo, leggo le parole di due eminenti analisti: “…molti elementi suggeriscono che i sogni siano manifestazioni del centro ordinatore e direttivo della personalità, il Sé in termini junghiani. Sogni ed eventi esterni possono essere considerati nella stessa misura come messaggi simbolici provenienti da quella fonte che sostiene e dirige il processo d’individuazione nel corso dell’intera vita del sognatore”(1).
E ancora “L’arte..di interpretare i sogni…è un atto di devozione nei confronti di questa guida trascendente” e “…permette l’accesso a questa fonte”. I sogni, perciò, oltre a darci importanti messaggi, proseguono gli autori, “collaborano alla creazione di una fiducia di base e di un Io sufficientemente sicuro da essere in grado di rispondere ai mutevoli messaggi del Sé” (2).
Queste parole rispecchiano esattamente l’esperienza vissuta anni prima e le impressioni che ne avevo ricavato, confermando le mie convinzioni,  in primis quella della sacralità del sogno.

Illustrerò prossimamente i principi basilari su cui si fonda questo metodo di autoanalisi dei sogni e descriverò dettagliatamente il metodo stesso, con ricche esemplificazioni. 
Il racconto del sogno seguente mira a dare un’idea della ricchezza ed intensità che l’esperienza onirica può avere. Ne proporrò un’analisi globale, mentre riprenderò in un secondo momento l’analisi puntuale dei suoi elementi e la scoperta dei numerosi dettagli significativi, ai fini dell’illustrazione del tipo di lavoro che si può fare.

Sogno del Serpente

Sensibile e propensa all’autoanalisi, la giovane donna che vive questo sogno aveva da alcuni mesi iniziato un percorso di psicoterapia. Era già abituata a scrivere i suoi sogni.
“Mi trovo in una stanza, un ufficio di una specie di scuola. C’è gente. Io comincio a tirare fuori dalla bocca un enorme serpente, che tengo in mano. Vedo me stessa dall’esterno e vedo il serpente molto bene, focalizzo soprattutto il suo ventre. E’ di colore bianco sfumato di  verde chiarissimo. È talmente grande nella parte centrale del corpo che una parte di me registra il pensiero che non so proprio come potesse passare dalla mia bocca seppur spalancata. Non ci sono sensazioni di nausea o schifo o altre sensazioni fisiche particolari. Solo, trovo incomprensibile conciliare le dimensioni del serpente rispetto alla bocca. 
Io tengo il serpente sotto la testa (per il collo, si può dire), perché è molto, molto velenoso e pericoloso, per cui non posso lasciarlo andare; infatti, se lo lasciassi libero, andrebbe sicuramente a mordere i piedi delle persone che si trovano lì. Io non voglio che lui arrechi danno ad alcuno. Quindi continuo a tenerlo in mano, reggendolo di fronte a me. A questo punto l’immagine è tutta concentrata sulla bocca del serpente e sulla mia mano. La sua bocca è spalancata, perché io lo stringo forte per non farlo scappare. Lui ha 2 lunghi denti attorcigliati, alquanto strani, che, scattando dalla base dell’attaccatura in tutte le direzioni, finiscono per mordermi il dorso della mano, forandola e provocandomi un acuto dolore. Rimango così a lungo, la mano immobilizzata ad immobilizzare lui, sopportando i suoi saettanti morsi perforanti e dolorosi. Intanto, si fa strada in me il pensiero che, comunque, se fosse stato così velenoso avrei dovuto già sentirne gli effetti, visto tutti i morsi che mi stava infliggendo.”

L’interpretazione fatta a caldo in terapia, dalla terapeuta, è che il serpente rappresenta tutto il dolore trattenuto dentro, che la donna si accinge a tirare fuori in terapia. Cosa certamente vera. 
Ma procedendo ad esaminare il simbolo del serpente, che è certamente uno tra i più complessi, troviamo: che può rappresentare un collegamento al cervello rettile, alla nostra parte più istintuale ed antica; che la sua forma fallica ne giustifica l’associazione, comune a molte culture,  alla sessualità, ma anche alla femminilità; basti pensare al suo legame con l’idea della nascita del peccato in una cultura in cui sessualità, istinto, natura, femminile sono ad esso associati e conseguentemente demonizzati; che è un animale che fa una muta (cambiamento di pelle, quindi passaggio, trasformazione, evoluzione); che riporta anche al famoso serpente con cui è rappresentata l’energia Kundalini, che nel suo risalire lungo la colonna vertebrale si innalza e fa dei passaggi; che un serpente si trova nel caduceo; e si potrebbe continuare. Il serpente è quindi simbolo di grande rinnovamento spirituale, di crescita, evoluzione verso una nuova pienezza.
La rappresentazione del sogno, se da un lato può richiamare il tirare fuori un dolore antico, dall’altro è anche tirare fuori da sé una grande forza,  selvaggia in quanto primordiale, ed estremamente potente perché puro istinto, quanto mai legata al corpo e alla fisicità (che rappresentano il femminile rispetto al maschile – ragione).  E’ un immenso potenziale di guarigione e di presa di possesso del proprio potere personale che la persona sta cominciando a vedere, ma che ancora non sa gestire, tanto che neppure lo “mette a terra”, perché in realtà ne teme il potere distruttivo per sé e per gli altri.
Lo tira fuori ma lo trattiene, con una mano che resta perciò imprigionata esattamente quanto lo è quel grande potere di rigenerazione, di potenzialità e creatività.
Il serpente bloccato può solo far scattare convulsamente i suoi denti e mordere, arrecando danno e dolore al corpo. Per il momento.

Questo sogno viene fatto in un momento in cui la sognatrice ha appena iniziato un percorso che avrebbe richiesto ancora diversi altri  anni di lavoro; a livello di piena consapevolezza, soltanto molto tempo dopo ella si accorgerà della effettiva portata di esso. 
E’ interessante che, grazie all’autoanalisi, il sogno le aveva rivelato fin da subito significati che ampliavano alquanto la spiegazione fornitale dall’esterno. 
Inoltre, esso è rimasto indelebilmente impresso in lei anche durante il percorso successivo di maturazione, sicuramente perché tale percorso era fortemente contrassegnato proprio da quanto il sogno le veniva a comunicare. La sua pregnanza di significato non solo è rimasta intatta, ma anzi è tanto più aumentata nel tempo, quanto più lei procedeva nella strada in esso indicata.

(1) (Edward Withmont e Silvia Perera, Il linguaggio dei sogni, pag. 17)
(2) (Ibidem)

a cura di Bruna Scataglini