Conferenza di Lidia Fassio – Roma, 14 febbraio 2002
Cari amici, colgo l’occasione di questa conferenza che avviene nel giorno di San Valentino – la festa degli innamorati – per parlare ancora un po’ di amore, argomento che sempre risulta essere interessante e che, soprattutto, viene richiesto frequentemente a noi astrologi come tema della consulenza.
Ricordo una frase bellissima di Charles Aznavour scritta su una copertina di un suo disco: “canto l’amore perché è l’energia che fa girare il mondo”. Purtroppo occorre sottolineare che se il mondo girasse veramente grazie all’amore, sarebbe sicuramente migliore di quello che è… tuttavia l’amore continua ad essere il fine, lo scopo, la meta da raggiungere per tutti noi e, in ogni caso, è un passaggio obbligato della vita, anzi possiamo dire che è il nutrimento della vita.
La psicologia evolutiva afferma che “non si può vivere senza amore”:
- senza qualcuno che si prenda cura di noi, che ci accudisca, protegga e sostenga non è possibile giungere ad un sano sviluppo e ad una schiusa del nostro mondo psichico. Mancherebbe la capacità di relazionarci con noi stessi e con gli altri, principio fondamentale e necessario dal momento che l’uomo ha due bisogni essenziali e solo apparentemente opposti: quello di riconoscimento, di affermazione e di individualità, ma anche quello di entrare in relazione con gli altri, essendo un essere sia egoico che sociale.
Partendo quindi da questa giornata in cui si festeggia un tipo particolare di amore – quello che fulmina, che colpisce al cuore come una freccia e che fa inebriare, o per dirla meglio fa “perdere la testa” – cerchiamo di percorrere il cammino per comprendere come ognuno di noi intende l’amore, quali ne sono i presupposti e quale tipo di valutazione diamo a questa parola, come lo ricerchiamo e come lo offriamo, ma anche quale visione ideale ne abbiamo.
Un altro punto importante è che l’amore è sempre qualcosa che ci trascina in un mondo sconosciuto: l’amore è di per sé disorganizzante poiché ci porta a confrontarci con parti di noi altrimenti ignote.
Un mio insegnante di psicologia diceva che l’amore serve a farci trovare la forza, a permetterci di orientarci quando non esiste più nessun punto di riferimento, perché ci costringe a lasciare il sentiero conosciuto per inoltrarci in stradine secondarie: in tal senso il grande principio di Eros si presenta come movimento psichico, come energia che protende verso direzioni nuove ed è anche per questo che quando ci innamoriamo siamo tutt’altro che tranquilli, sperimentiamo un rialzo energetico, una voglia di fare, sentiamo una forza che ci pervade e che ci stimola a credere in tutto ciò che facciamo, fino ad affrontare l’impossibile e l’imprevedibile.
Spesso è proprio l’amore che ci porta ad affrontare situazioni di dipendenza o di stagnazione poiché va a scovare dentro di noi quelle motivazioni che prima sembravano non esistere e ce le fa applicare. La maggior parte dei giovani affrontano la famiglia e si ribellano ad essa per un amore; da adulti si esce da una situazione di relazione stagnante e senza più prospettive, perché si sperimenta un nuovo amore. L’amore quindi è una forza interna, un’energia che non ci permette di rimanere passivi.
Inizierei subito facendo un distinguo: innamorarsi non vuol dire amarsi e qui penso che molti potranno anche dissentire; tuttavia l’amore è un processo, un cammino che implica una serie di atti coscienti che sono invece totalmente assenti nell’innamoramento.
Innamorarsi non è neppure entrare in relazione, poiché l’innamoramento ci fa spesso apparire l’altro come colui che, somigliandoci e respirando all’unisono con noi, può riempire tutte le nostre carenze e mancanze, e quindi proprio in questo nasconde la più grande illusione, che prende forma attraverso la passione. Ma per raggiungere l’amore dovranno esserci altri e numerosi passi da affrontare, ed è così che il vero amore a volte appare quasi uno choc, proprio perché non riempie il vuoto di nessuno e si fonda invece sulla capacità di riconoscere prima i nostri limiti, di lavorare sulle nostre personali incompletezze e, infine, sulla scelta fondata su elementi di condivisione e sulla negoziazione dei bisogni, nonché su uno scopo comune.
Certo, è giusto dire che ogni amore passa quasi inevitabilmente attraverso l’innamoramento, mentre non tutti gli innamoramenti diventano amore e relazione. Questa sera io parlerò dell’Amore, quello vero, quello che vuole diventare “relazione psicologica” con l’altro, e che al tempo stesso vuole essere una strada di conoscenza personale.
Noi astrologi abbiamo una grandissima fortuna perché possiamo riconoscere con riscontro immediato l’infinita saggezza della nostra materia che, anche ai tempi in cui amore e relazione non avevano certo lo spazio che hanno oggi, ha collocato l’innamoramento in casa 5a e l’amore-relazione in casa 7a (Venere).
Ora questo non può essere casuale, ragion per cui il distinguo è fondamentale per noi che ci accingiamo a capire qualcosa in più di questo sentimento. Infatti, quando parliamo di amore parliamo di “sentimento”: funzione junghiana che fa parte delle due “razionali”, ovvero che partono da capacità discriminatorie e dal modo in cui percepiamo la realtà (nel caso di Venere, si basa sull’assunto: mi piace, accolgo – non mi piace, respingo).
Discriminatorio è dunque il simbolo di Venere – dea alchemica dell’amore e della bellezza – il cui domicilio primario è collocato in un segno d’Aria, la Bilancia, che è preposto alla scelta e al giudizio, due atti che richiedono equilibrio, obiettività, distanza emotiva e, quindi, razionalità.
Verrebbe allora da chiedersi: come mai l’amore, che da sempre è stato inteso come quanto di più lontano dal pensiero e dalla ragione, finisce invece nella sfera delle cose che sono sotto il controllo dalla nostra mente? Che senso ha tutto questo?
In effetti, il punto è che noi abbiamo sempre confuso innamoramento e amore: il primo, fantastico, emozionante, travolgente, assolutamente irrazionale, deriva da una pulsione e quindi si ricollega molto di più all’istinto e come tale è domiciliato in Leone casa 5a, proprio perché è un impulso ad unirci, ad incontrare l’altro. Lo scopo ultimo è comunque la riproduzione, la sopravvivenza della specie, il nostro contributo creativo e biologico al mondo; però l’innamoramento è e rimane un fatto da casa 5a e quindi legato al nostro Io, al nostro senso di identità, essendo questa appunto una casa “personale” e non una casa di “relazione”.
L’innamoramento è un’emozione tra le più eccitanti ed anche dis-organizzanti della vita, però può essere anche isolato, senza affetti. Non esige necessariamente un’altra persona, può essere un fatto anche solo personale: o meglio, si può essere innamorati anche senza che l’altro lo sappia o corrisponda. L’innamoramento serve all’Io. Serve a farlo esplodere, a farlo sentire forte, potente e in sintonia con il mondo, con l’universo; e a fargli vedere quanto potrebbe essere se non fosse bloccato e limitato da paure, pregiudizi e difese assurde. È una percezione fulminea della illimitatezza della nostra personalità, della capacità di superare divisioni, barriere e diversità; è un flash sull’universalità e sulla completezza… ma rimane appunto solo un flash, un attimo colto nell’eterno divenire dell’universo e del tempo.
L’amore invece presuppone la rottura del guscio narcisistico dell’Io e un serio avvicinamento all’altro: esige il superamento della simbiosi e un inizio di differenziazione che spinga verso il sentirsi separati e non verso l’essere fusi con un’altra persona. Solo la coscienza di sé come unità separata – casa 7a – potrà dare il via al processo di amore che deve avere come scopo finale la condivisione e lo scambio, passando attraverso l’accettazione della non similitudine propria ed altrui.
Cercheremo ora di vedere quali sono gli archetipi al lavoro nella nostra mente nei confronti di ciò che chiamiamo “amore” nel nostro tema natale.
Parlerò dunque di Venere e dei suoi aspetti con gli altri pianeti, indicando il tipo di introiezione che abbiamo fatto e quindi il tipo di aspettativa che andremo a mettere in scena rispetto all’amore e alla relazione. Desidero però sottolineare che intendo proporre i vari passaggi evolutivi che Venere compie passando attraverso tutti gli altri pianeti: si tratta dunque di una sorta di viaggio, che parte dal narcisismo per giungere all’amore universale che apre alla compassione e all’unità con tutto ciò che ci circonda.
VENERE – SOLE
Questi due signori condividono alcune cose interessanti: la grande Dea dell’amore si trova unita al Dio del Sole e con lui condivide attrazione, voglia di brillare, voglia di essere al centro del mondo. Entrambi attraggono a sé, Venere per piacere e per desiderio e il Sole per vita, calore e brillantezza.
Questo amore è Narciso. Venere quando è legata al Sole è attratta dall’Io, non riesce quasi mai a guardare oltre e rimane spesso abbagliata dalla sua stessa luce.
Narciso ha due fasi. Nella prima è felice: non conosce niente, non conosce l’altro e quindi nessun turbamento riesce a smuoverlo.
Poi ad un certo momento ha sete, si china nell’acqua e, proprio in quell’istante, la vita si ribalta interamente e lui è obbligato ad uscire dall’innocenza, osservando il proprio riflesso.
Questo è il momento in cui noi possiamo aprirci alla vita e alla vera potenzialità di giungere un giorno al completamento, oppure possiamo, come nel Mito, dischiudere le porte della morte dell’Io che consiste nell’incapacità di aprirsi all’altro e quindi nell’impossibilità di raggiungere il Sé.
Il Mito dice che Narciso muore perché ha rifiutato l’amore di una ninfa. Forse Narciso cercava uno sguardo che gli rispondesse, e non l’ha trovato perché ha visto solo sé stesso. Se pensiamo che nei primi mesi vi è la simbiosi con la madre, forse il fatto che sia il Sole ad unirsi a Venere ci riporta ad una scarsa risposta, poiché il Sole – elemento maschile – non riesce a riflettere lo sguardo: forse c’è solo finzione, illusione ed abbaglio. Forse a Narciso è mancato proprio quel gioco di sguardi che unisce la madre al suo bambino; è questo che crea le condizioni per il futuro amore, questo è il preludio per altri incontri e per la consapevolezza del sé.
Se il bambino ama istintivamente tutto ciò che quello specchio gli rimanda è perché già lo conosce, lo ha percepito nel contatto con la madre ancora prima di vederlo riflesso nei suoi occhi: è in quei punti di riferimento che lui ha la certezza di essere amato e di essere.
Narciso sembra essere vuoto, non essere, non avere memoria di questo primo amore e quindi impara ad amare sé stesso nel momento in cui si vede riflesso: è indifferenziato, non separato dal mondo originario e quindi ricerca costantemente sé stesso in ogni singola persona che incontra, perché andare al di là di questo significherebbe mettere a repentaglio un troppo fragile equilibrio.
Venere-Sole è un archetipo non facile che spesso induce il soggetto a non prendere in considerazione gli altri, perché il Sole ha troppa forza di attrazione e tende ad impedire che lo sguardo di Venere vada in altra direzione e si stacchi da lui. È un amore per sé, preludio a qualsiasi altro amore ma che può non avere la forza di rompere questo guscio e rimanere esclusivamente concentrato su di sé.
Questo è il grande dramma di Venere-Sole: l’identità può non nascere sufficientemente e non riuscire a godere di quelle parti che derivano dal contatto con l’altro, e in un certo senso questo amore rimane imprigionato nel suo “essere troppo autocentrato”, senza accostarsi mai con interesse verso l’opposto.
Questo amore vive l’innamoramento iniziale; però poi non si schiude, non si apre, e quindi termina, delude, sfiorisce e si ripiega sgonfiandosi in una delusione che è come una ferita impossibile da rimarginare. È Casanova che cerca: però non cerca anime, cerca solo corpi e quindi non potrà mai giungere a quella dimensione di energia che parte e che si dirige attraverso l’altro nei meandri della nostra psiche, per risvegliarla, metterla in movimento e invitarla a conoscersi.
Venere-Sole rappresenta il primo stadio dell’amore, quello narcisistico primario che ha qualcosa di autistico, nel senso che non vi è ancora un vero interesse per l’altro e quindi sostanzialmente non vi è ancora relazione: è l’amore per sé che deve essere il punto di partenza per poi giungere alla capacità di aprirsi all’altro.
Ogni volta c’è il “via” che si apre con la conquista, però poi il soggetto non riesce a dirigere la libido verso l’altro e quindi questa ritorna all’Io, in una sorta di movimento circolare che si fa eterno, come un vortice che non permette di uscire dalla traiettoria.
Ciò conduce quasi sempre alla ricerca ossessiva di “oggetti”, che però riescono solo ad attivare il movimento centripeto dell’energia:
- La persona conquista ma poi abbandona, anche perché l’altro non c’è, e quello che si attiva è solo un primo passo che dovrebbe consentire la successiva schiusa e il movimento centrifugo dell’energia.
In questo primo stadio non vi è neppure la simbiosi, vi è solo e sempre la sensazione di essere soli con sé stessi.
VENERE- LUNA
Qui l’amore viene visto attraverso gli occhi della Luna: è quindi morbido, romantico, pulito, quasi infantile, con un grande bisogno di tenerezza e di dolcezza. La Luna cerca stabilità attraverso l’affettività: vorrebbe mettere insieme queste due cose e creare una situazione idilliaca, perfetta, in cui la voluttà, il senso del piacere personale e il gusto edonistico per le cose belle e la vita serena si realizzino attraverso il conforto di un’altra persona, di una famiglia e di una situazione affettivamente ed emotivamente tranquilla.
La forma di amore prevalente è quello materno: infatti nell’immaginario Luna-Venere c’è una madre che gratifica i desideri di un bambino e tutto questo si ammanta di tenerezza, di affettività, di contenimento, di nutrimento, di cure materiali ed emotive, di protezione e di sostenimento più che di erotismo e di passionalità.
Chi ha questo aspetto intende l’amore come un insieme di nutrimento, rassicurazioni e coccole: amare, per questa persona, significa essere tutt’uno con l’altro, significa potersi lasciar andare e ritrovare un senso di completezza in cui non ci sono angosce e non ci sono conflitti né divisioni.
Questo amore ha poco a che fare con l’integrità e l’individualità.
E’ una forma di amore che non contempla ancora fasi di separazioni, troppo spesso passiva, in cui c’è poco desiderio di conoscenza e di azione: proprio come il bambino si aspetta che sia la madre a fornire tutto ciò di cui ha bisogno e a decidere per lui, questo amore aspetta che tutto giunga dall’esterno e non muove passi verso la crescita. E’ presente ancora l’indifferenziazione e quindi c’è un’inconscia ricerca di paradiso perduto; tuttavia si tratta di una modalità illusoria ed infantile, in cui si fantastica di non avere conflitti e di trovare una condizione di unità e di benessere totale che deve necessariamente giungere dall’altro o attraverso l’altro, ma che è anche un sogno di blocco, di “incantesimo”, in cui tutto il processo di crescita è fermo, in attesa di azione e di movimento: in una parola, di “tensione a….”
Questo amore ha difficoltà a tollerare la separazione e quindi non si può ancora parlare di vera e propria relazione, ma di fusione in cui la fantasia che prevale è quella illusoria e onnipotente di bastarsi l’uno all’altro. Si crede che sia la presenza dell’altro a far vivere il senso di totalità, ma questo chiude l’amore all’interno di un circuito sterile, senza scampo, perché lo isola e lo limita. Non si può considerare un vero e proprio amore in quanto, fino a che vi è fusionalità, manca il desiderio che è appunto tensione verso l’altro da sé.
E’ uno stato di totale passività, mentre in realtà l’amore deve sempre essere un atto verso l’altro e presuppone quindi una forte tensione interna che spinga a sottrarsi a questa sorta di limbo inconscio, per emergere attraverso il desiderio potente di conquista e di autonomia, che riuscirà in ultimo a vincere sull’angoscia-paura del distacco.
È un amore che si nutre di sogni, di lacrime romantiche, di tuffi al cuore; è suscettibile, facile ad essere ferito, ed ha bisogno di ricordi, di memorie e di fughe nel passato, soprattutto quando ci sono ricorrenze o delusioni. Si alimenta di nostalgia, a volte però la fuga può essere nella tristezza e nel ripiego sull’infanzia. Nei suoi risvolti più negativi questo amore non supera la soglia dell’infantilismo e della capricciosità, diventa facilmente egoista ed aggrappante; è un amore fragile da un punto di vista emozionale che può accompagnarsi anche ad instabilità e mutevolezza e a grande dipendenza, che spesso porta anche alla sua nemesi, giacché la paura di perdere l’oggetto del nutrimento fa sì che il soggetto lo soffochi.
VENERE – MERCURIO
È un archetipo adolescenziale che rappresenta i primi stadi dell’amore e della conquista amorosa: stadi in cui provare la sensazione di avere potere e di sedurre sono molto importanti; più importanti della relazione in sé. Pensate a Mercurio e al fatto che deve imparare a percepire il proprio impatto sul mondo, comprendendo come i suoi atti e i suoi comportamenti influenzano il circostante.
La modalità di rapporto è Aria. Il soggetto è in pieno sviluppo, ha voglia di far colpo sull’altro e quindi ama “flirtare”, sedurre, per provare le capacità di impatto che ha sull’altro. È molto leggero, legato al divertimento, è un approccio civettuolo.
Questo amore ci ricorda che nella condizione di innamoramento qualcosa nella nostra psiche si muove, prende energia e può essere portato alla luce. E’ però ancora gioco amoroso: c’è humour, cervello, poca intensità, poco impegno a lungo termine, poca profondità a livello emotivo, poca passione e, soprattutto, poca stabilità. Le sue qualità sono la leggerezza, la voglia di conoscenza, di novità, di eccitazione, di curiosità a volte anche un po’ morbosa, ma riflette uno dei lati più sottovalutati dei due Dei archetipici che vi si collegano: Afrodite e Hermes.
Entrambi infatti hanno un grandissimo bisogno di conoscenza e di essere riflessi dal mondo circostante, e quindi questo modo di amare ha molto a che fare con la fase estroversa dell’adolescenza, in cui la cosa più importante è l’apertura verso il mondo che consente la crescita intellettuale e lo sviluppo della personalità, e tutto ciò è meglio se viene fatto in coppia perché così offre una maggior sicurezza, pur mantenendosi inserito in una scenografia di grande vulnerabilità e fragilità.
È un amore con grandi connotazioni narcisistiche. La parte fisica e la dimensione erotica diventano secondarie; qui l’erotismo è cerebrale e la seduzione è rappresentata da ciò che di sé si riesce a cogliere riflesso negli occhi altrui. In questa situazione l’amore è ancora lontano dalla scelta, ma è già bisogno di disvelare la propria identità anche se non c’è ancora verità in ciò che si mostra: spesso l’esteriorità è dinamica, attiva, intraprendente, mentre l’interiorità è ancora del tutto nascosta e inconscia. In questo rapporto il punto di vista dell’altro integra un’immagine personale ancora piccola, c’è una ricerca di conferma di autostima che giunge inizialmente dal fatto di piacere all’altro, di conquistarlo.
È un amore che vuole e non vuole; si concede e si nega. Ha bisogno di scambio, di dialogo, e attraverso questo dialogo la persona cerca di scoprire chi è. Anche qui c’è molta mutevolezza e si vuole crescere con le idee, i pensieri, vari tipi di esperienze, e per questo c’è così tanto bisogno di stimoli; questo amore si annoia se non ha novità, e necessita di feeling intellettivo pur evitando, nel contempo, le grandi emozioni.
Anche la sessualità viene vissuta con curiosità e sperimentazione, mai con intensità; di solito si ama pensare e guardare più che fare. È un amore che si può sviluppare in vacanza, in un viaggio, spesso in un’altra città, e quindi la dimensione dello spostamento e della comunicazione a distanza assume grande importanza; oggi potrebbe trattarsi tranquillamente di un amore “virtuale”.
Lo scopo di questo amore è quello di compiere dei passi decisivi per la propria autonomia psichica attraverso l’incontro-specchio con l’altro. La parte ombra di questo archetipo è la sfuggevolezza, l’incapacità di giungere fino in fondo e di partecipare emotivamente, e ciò può arrivare fino all’insensibilità e alla crudeltà. La dimensione Aria può diventare totalmente inafferrabile ed inaffidabile perché ancora troppo incentrata sulla costruzione di un’immagine di sé, della capacità di percepire che parte dalla percezione altrui.
VENERE – MARTE
In questo aspetto Venere acquisisce da Marte l’impulsività, la forza, la capacità di separazione e di lottare per il proprio destino, nonché il bisogno di affermazione che passa attraverso la relazione e l’amore.
Marte cerca di entrare nella vita di una persona attraverso questo archetipo e l’amore si trasforma come per incanto in passione e in voglia di possedere; così la parte impulsiva può prendere il sopravvento e il bisogno di conquista può superare quello di comprendere e accettare l’altro. Qui l’amore è puro, istintivo ed anche un po’ grezzo, senza troppe mediazioni, però fatica a portare avanti a lungo le cose, perché la dimensione della velocità e della transitorietà, unita all’irruenza, sono armi molto forti che giungono ad irretire anche Venere.
L’amore viene inteso come qualcosa che brucia tantissime energie, tuttavia c’è anche bisogno di grandi rassicurazioni: è un amore spesso insicuro, basta nulla per rimetterlo in discussione e per creare vuoto e panico, nonché rabbia. Vuole o tutto o niente e ciò lo rende travolgente o estremamente distruttivo; serve per esprimere la forza dell’Io, anche se in realtà è alla ricerca di una direzione, una meta ed uno scopo che serva a dare significato alla vita.
È un amore avventuroso, che si nutre di slanci, di straordinarietà; nulla lo distrugge quanto la ripetitività e la routine, la mediocrità e la noia. Per questo ha bisogno ciclicamente di grandi crisi in cui i binomi “amore e guerra” – “rabbia e sesso” mantengano alta la tonalità energetica. C’è il timore di perdersi nell’altro, la paura che, lasciandosi troppo andare, si rischi di perdere l’autonomia;
- però, nello stesso tempo, c’è anche forte bisogno di emozioni, e delle sfide che nascono dalla relazione. Visto dall’esterno questo amore ha qualcosa di magnetico e a volte di minaccioso, accompagnato da grandi colpi di testa e da tempeste emotive travolgenti.
Lo scopo è quello di traghettare l’Io al di fuori dalla simbiosi, ingaggiando una lotta ed un cammino verso un maggior senso di individualità e di separazione. L’amore impedirà quindi qualunque fusione, anche se ce n’è è ancora il desiderio, quasi il rimpianto:
- tuttavia Marte non lo permetterà e taglierà con la sua spada qualsiasi stato di negazione di sé e della propria identità.
Con Venere-Marte occorre imparare ad amare differenziandosi e separandosi dall’altro, e vivendo appieno la tensione e il desiderio che ci spinge all’unione. È un sottile gioco di avvicinamento-allontanamento che culminerà in una sorta di equilibrio tra i due opposti.
C’è sempre una grande dose di orgoglio che si sposa con l’irrazionalità e l’impulsività, come in Didone che, quando viene lasciata da Enea perché è chiamato a compiere il proprio destino portando avanti l’impegno a suo tempo assunto, si uccide dopo aver gettato su di lui una maledizione. La dicotomia è amore-guerra: ci sono emozioni potenti che possono determinare gesti bruschi ed eccessivi, che tendono per lo più a mettere fine a tempeste emotive e di rabbia che non possono essere gestite e che servono a concludere la fase di simbiosi. Tutto è estremo e, infatti, il cedimento alla passione diventa la cosa più importante per questa modalità di amore, a cui però farà subito seguito il bisogno di uscire dalla condizione di unione e tranquillità, creando nuova distanza.
Afrodite ed Ares cedono di tanto in tanto alla loro passione e infatti vengono catturati con uno stratagemma dal marito di lei:
- questo indica che, quando si ama con Venere-Marte, il rischio e la sfida al mondo sono parte del modo di rapportarsi. La sottomissione alla passione è intensa, seppur temporanea; ma quando c’è impedisce quasi di vivere altre cose, proprio perché è esclusiva e totale.
Marte ha il sopravvento sulla parte etica e rigorosa di Venere ed anche sulla scelta razionale, la trascina nella sfera puramente istintiva che comporta spesso il passaggio veloce dall’amore alla rabbia, che può anche diventare aggressività e brutalità nonché distruzione. La stessa rabbia può essere scagliata contro chi cercasse di “invadere il territorio amoroso”. Vorrei però sottolineare la differenza fra questa rabbia e quella di Plutone che ad esempio vedremo nell’archetipo di Medea: qui infatti c’è l’impeto della rabbia del momento, incontenibile, in cui si fa largo l’idea che è meglio morire piuttosto che vivere la vita senza l’altro, ci sono solo l’esclusività e l’accecamento del Fuoco ma non c’è alcuna strategia o vendetta come nella scorpionica Medea. Tutto qui brucia e deve essere consumato; tutto è veloce, sia nel crescere che nel terminare.
Questo amore equivale al bisogno di affermare la propria individualità, di provarla e confrontarla con o contro l’altro.
Questo amore ama combattere. L’aspetto della sfida deve essere presente in ogni rapporto: un rapporto semplice e lineare non può interessare chi possiede questo aspetto, perché la personalità si delinea e si definisce nella lotta, riappacificazione, nuova lotta, nuova riappacificazione così che il turbine energetico possa perpetrarsi.
La negatività di questo archetipo è l’impulsività e l’impazienza unite all’irrazionalità, nonché la tendenza a vivere l’aggressività proprio nella dimensione amorosa. Il lato di imprevedibilità può rendere paradossale qualsiasi reazione: grande, eccessiva suscettibilità e troppo orgoglio, che facilmente ferisce.
VENERE – GIOVE
L’amore qui passa attraverso la dimensione olimpica; tutto deve essere magico, magnifico, grande e in espansione. Immaginate Zeus, il grande signore degli Dei che scende e si incarna in Venere: niente potrà essere ordinario, tutto dovrà assumere una tonalità “divina”, grandiosa e superlativa. L’amore in questo caso è la grande promessa e la grande speranza; è l’avventura che può prendere vita e che serve per la propria crescita ed ha aspettative gigantesche che naturalmente, all’inizio, sembrano corrisposte e gonfiate fino all’inverosimile dall’altro.
Giove usa l’amore per traghettarci in una dimensione di superamento dei nostri personali limiti: ci fa quindi percepire cosa potremmo essere se solo ci fidassimo delle nostre intuizioni, dei nostri pensieri e del nostro mondo interno: ci mette in contatto con la nostra ricchezza interiore se solo siamo disponibili, se solo spalanchiamo il nostro terzo occhio e cominciamo a… vedere.
È questa la ragione per cui, durante l’amore, chi ha Venere-Giove si sente al massimo: Giove vuole il massimo, vuole qualcosa che superi le nostre possibilità, e per farci giungere a questo abbaglia, trasforma la realtà, fa vedere anche quello che non c’è, o fa vedere le cose sotto un’angolazione diversa, qualcosa che potrebbe anche esserci nella realtà, se solo lo volessimo e ci credessimo. Nel mito Giove si trasformava per riuscire a conquistare; questo indica chiaramente la potenzialità di questo archetipo di lasciarci vedere ciò che noi vogliamo vedere.
Giove non ama la realtà né la quotidianità; vuole infatti farci intuire cosa potrebbe esserci oltre questo piano limitato di percezione. Attraverso Venere fa sperare l’insperabile e ci fa vedere ciò che potrebbe essere. Qui l’amore deve offrire tantissimo e deve poter mantenere tutte le premesse iniziali perché Giove non si accontenta mai, ha bisogno di nuovi spazi, di nuove mete, di nuove promesse e di nuova conoscenza.
L’amore deve dare significato e riempire la vita, e ciò può rendere difficile sentirsi veramente gratificati: Giove è magnifico, ma è anche insaziabile. È vorace, deve acquisire, deve ingoiare, deve arricchirsi. E’ inoltre un amore pieno di Fuoco, che si accende, si spinge in avanti e poi ancora in avanti, mentre continua a sperare, a dilatare lo sguardo: se però si rende conto che non ci sono più possibilità, non ci sono più territori da conquistare, non più promesse e non più crescite, allora entra nel circuito delusione-disillusione, perde ogni stimolo ed ogni interesse e si sgonfia, deluso e svuotato fino a che qualche nuova visione lo condurrà alla ricerca di nuovi lidi, nuove passioni, nuove conquiste.
Questo amore ha bisogni di grandi gesti, di espansività, di intensa sessualità, però il rischio è anche quello che tutto venga consumato in fretta: ragion per cui questo amore deve lasciarsi qualche spazio aperto, non può scoprirsi totalmente, perché ciò che lo stimola e lo eccita è l’ignoto, il non-conquistato, e forse anche il non-conquistabile: quello che ancora deve essere visto, scoperto, trovato, e il viaggio che si compie per arrivare a conoscerlo.
Giove-Venere deve poter accendere la speranza che tutto sia possibile, e fino a quando queste premesse vengono mantenute, almeno nella psiche, Giove è trasformista, mostra il meglio di sé, illude e si illude; crede che ci sarà, che si otterrà, che le premesse si realizzeranno. Giove trascina Venere nel mondo della visione- immaginazione e lascia intuire che ciò in cui si crede avverrà.
Il lato negativo di questo amore è la bramosia, il possesso, il fagocitamento, il bisogno quasi di divorare l’altro in un tentativo di avere tutto, di soddisfare ogni desiderio attraverso l’altro.
Questo genera grande insoddisfazione; è esattamente ciò che accade dopo una grande abbuffata in cui non si è gustato il cibo, lo si è solo ingoiato per avidità e subito dopo ritorna un inutile senso di vuoto, di mancanza di sostanza. C’è una grandissima fame, ma non vi è cibo al mondo che possa saziare.
VENERE – SATURNO
Vi immaginate come può essere l’amore visto attraverso gli occhi di Saturno? Visualizzate Saturno, alto, un po’ anziano, saggio, con la barba, scarno ed ossuto: quale tipo di amore può incarnare?
Qui l’amore entra in un clima di serietà, di stabilità, di impegno e di responsabilità: si stabiliscono regole che devono essere mantenute nel tempo. Saturno è sicurezza, questo amore deve quindi improntarsi su questi temi poiché servirà a sperimentare il proprio bisogno di solidità e struttura; si cerca anche una sicurezza personale e sociale, in cui tutto deve essere fatto nella normalità e riconosciuto dall’esterno.
E’ un amore che si dà molti limiti, pronto anche a sacrifici pur di giungere all’indipendenza e all’autonomia. Ha qualcosa di rigoroso e si fonda su una certa distanza emotiva, non ci sono grandi slanci tuttavia ci si può contare: è sicuramente un amore che non va contro-corrente perché segue i dettami della morale prima collettiva e poi personale. Il principio di piacere qui passa in secondo luogo ed entra invece il principio della necessità e della forma. Non c’è spazio per il romanticismo, per la grande passione: c’è soprattutto il “fare”, ma a volte anche sofferenza e rinuncia al lato piacevole ed erotico dell’amore.
In negativo questo amore crea e genera frustrazione perchè il soggetto non ha ancora quella solidità interiore che lo deve portare a non appoggiarsi all’altro, ma a cercare uno scambio reciproco e reciproche responsabilità; ecco perchè spesso, quando si hanno rapporti dinamici tra Venere e Saturno il soggetto si trova ad avere difficoltà e sofferenza, proprio per giungere a creare quelle condizioni di paritarietà che inizialmente non esistono perchè i partners sono in relazione “parentale”.
Questi aspetti sembrano rappresentare un paradosso perché il sogno di Saturno, quando tocca l’amore, diventa quasi quello di preservarsi da esso, di non lasciarsi cogliere: è quindi un irrealistico sogno di verginità, nel senso di tutelarsi dal rapporto, soprattutto dal coinvolgimento emotivo con l’altro, da cui Saturno è sempre impaurito per non dire terrorizzato. Per questo, tenderà sempre a controllare quella dimensione dell’amore, imponendo e creando regole che diano l’illusione di eludere quella particolare sfera della vita attraverso strategie difensive. La miglior difesa di Saturno è l’intelletto, per cui le emozioni vengono messe in secondo piano di fronte alle risorse mentali e culturali; Venere risponde con l’intelletto e non con il sentimento.
Saturno ha paura di espandersi e di concedersi e quindi limita in qualche modo il bisogno di unione: è un amore che deve imboccare la strada dell’autonomia, dell’efficienza e della capacità di essere indipendente emotivamente, intellettualmente e materialmente, e Venere deve diventare capace di essere una in sé stessa prima di potersi relazionare con un’altra persona, per cui non può appoggiarsi né affidarsi troppo, altrimenti perderebbe i suoi confini, faticosamente conquistati. Per evitare ciò usa controllo e, a volte, ha davvero paura di darsi.
E’ un amore che dà valore a ciò che dura nel tempo, a ciò che è solido, è discreto e tende a non essere invasivo, non ama dipendere e non crea dipendenza.
Saturno traghetta Venere nel mondo della forma, nella dimensione della realtà con tutta la sua limitatezza e scarsità di visione.
Sembra un controsenso perché l’amore ha bisogno di sogno, di illusione e di romanticismo; qui il principio di Eros viene in qualche modo imprigionato. Se consideriamo il mito, Eros-Amore c’era prima di ogni creazione e prima di ogni manifestazione: è dal suo desiderio che nasce la creazione; ciò significa che quando si manifesta in una forma definita questa si indurisce, si raffredda, perde la grande capacità di trasformare perché esce dal regno della possibilità.
Eppure, anche questo amore è utile alla crescita della persona e della sua individualità, nella capacità saturniana di vedere il limite tra il sé e l’altro da sé, unica condizione per giungere ad una vera e propria relazione psicologica che consenta l’accettazione piena dell’altro e che deve passare attraverso l’accettazione di sé, nonché attraverso la rinuncia al controllo, alla manipolazione o al dominio sull’altro.
Con Saturno l’amore e l’altro sesso perderanno il potere magico che avevano prima, poiché ci obbligherà al confronto con i tratti più essenziali della nostra psiche. Non ci perderemo più dentro nessun altro, non saremo più incantati né incantevoli, ma saremo più veri ed anche capaci di reale e consapevole dedizione verso l’altro.
Qui l’amore si fa indipendente e affronta la verità più dura: non vi è certezza che esista qualcuno che si prenderà cura di noi per sempre. È un amore in grado di superare la vulnerabilità umana e quindi in grado di affrontare la grande sfida che consente nel lasciare andare ogni delirio di onnipotenza fondato sull’idea che l’amore possa risolvere tutto e che soprattutto si debba far carico dei problemi dell’altro. Saturno insegna a rispettare il diritto di ognuno ad affrontare i problemi a modo proprio, anche perché l’amore non può farsi carico del dolore e del problema altrui, nell’erroneo e presuntuoso presupposto che noi siamo i salvatori e che l’altro da solo non ce la possa fare. Insegna a rispettare la legittimità della sofferenza dell’altro: mostrandogli comprensione e sostenendolo negli sforzi, ma non confondendo i suoi problemi con i nostri.
Saturno-Venere è insomma la mutua accettazione del diritto-dovere che ciascuno ha di affrontare ciò che è autenticamente suo, unica condizione per cui possa giungere alla soluzione dei propri conflitti senza accollarli alla relazione e all’altro. Saturno educa a comprendere la difficoltà che l’altro ha nel riconoscere e nell’elaborare i propri sentimenti di rabbia, ma ci ricorda che non possiamo arrabbiarci in vece sua e non dobbiamo arrabbiarci con lui:
amare significa riconoscere sia la separatezza del partner che la sua piena individualità, senza volerla né cambiare né trasformare, e nemmeno risolverla per lui.
Tutto ciò può avvenire grazie alla possibilità che Saturno concede di negoziare, di vedere il proprio limite e di rispettare il limite dell’altro, imparando ad usare la distanza emotiva come una modalità per raggiungere una vera e propria indipendenza dalle dinamiche dell’altro e dal bisogno di sentirsi da lui supportato. È un amore che incarna il principio di ordine, che vuole muoversi con competenza anche nelle situazioni critiche, che vuole e cerca esperienza: tende a portarci ad una crescita e ad una maturazione contando però solo sui nostri mezzi e sulle nostre forze; e così conducendoci al pieno rispetto dell’altro.
Il lato negativo di questi aspetti è la paura, che, se eccessiva, finisce per impedire l’amore, per cristallizzarlo, indurirlo e chiuderlo dentro una morsa di ghiaccio. La paura può portare Saturno a diventare tiranno, mentre il bisogno di dominare le situazioni si trasforma in dominio sull’amore stesso, incatenandolo alla sofferenza e all’immaturità nonché all’incapacità di essere indipendente: quando Saturno non riesce a raggiungere l’indipendenza, infatti, avrà bisogno di “dominare” o di “sacrificarsi”, e in entrambi i casi la forza vera non c’è ed è in qualche modo delegata o rubata all’altro.
VENERE – URANO
Qui la dimensione amorosa è mentale, passa attraverso il mondo delle idee, delle immense possibilità e Venere-Urano non vuole perderne neppure una. È il sogno dell’amore che diventa libertà per entrambi in quanto non è legato all’esclusività ed ha quindi poca dimestichezza con la grande passione. A questo stadio di amore si giunge infatti dopo aver elaborato l’amore saturniano.
Urano, quando guarda attraverso gli occhi di Venere, ama tutto, ama ciò che l’amore può portare con sé a livello di novità, di eccitazione, di contatti; ciò che può risvegliare all’interno, in termini di maggior aderenza a ciò che si è, a ciò che va verso una totale libertà in cui l’altro è la persona con cui si sceglie ogni giorno di fare un pezzo di viaggio insieme. Urano ci può condurre alla coppia quasi perfetta: ad un amore non certo esente da problemi o da negoziazioni, ma che sarà uno spazio in cui intimità e libertà possano essere vissuti come aspetti integranti della personalità di ciascuno e del rapporto comune.
A questo livello l’amore è in grado di elaborare qualsiasi tipo di arrangiamento che sia reciprocamente soddisfacente, perché il fatto di sentire l’altro come una persona diversa non viene più vissuto né come una minaccia né come un tradimento. L’amore uraniano è dunque in grado di tollerare pienamente la diversità, anche quando questa riguarda convinzioni e valori profondi, ed è capace di vivere altrettanto bene i momenti di intimità che possono servire a rafforzare l’individualità, come i momenti di separazione che servono a rafforzare l’intimità e la condivisione.
C’è un ideale di perfezione che tende a mantenersi lontano dal triste incatenamento ai limiti della realtà e dalla forma prestabilita all’esterno: questo amore non vuole canoni, non vuole tempi e non vuole regole; tutto deve essere scelta e sorpresa. Detesta la ripetitività e le coesistenze automatiche che rendono tutto monotono e statico. È un amore che ha bisogno di condivisione a livello mentale, di interessi intellettivi e sociali e di stimoli comuni, nonché di grandi momenti di separazione in cui possa crescere la dimensione dell’individualità: non vuole alcuna fusione e nessuna grande contaminazione emotiva. E’ basato sullo scambio e sul dialogo, sull’amicizia, preferisce i sentimenti pacati al grande trasporto:
- non è intenso ma è libero, non soffoca ma nemmeno vuole essere soffocato da nulla. Ha bisogno di aria da respirare, non è legato a schemi, non è interessato alle sicurezze che giungono dai vincoli e dalle regole e, anzi, vive benissimo nel regno del possibile cambiamento; è un amore che si nutre di idee e non di presenza, è anticonvenzionale, diverso, aperto a tutto ciò che il mondo può offrire: se lo si chiude diventa sfuggente, erratico, distante, inafferrabile e impossibile da trattenere.
Urano ama oggi, domani si vedrà: in ogni caso è un amore che sceglie ogni giorno se esserci o non esserci. Non vi è obbligo, non vi è un rispondere a contratti. L’impegno qui è solo affettivo non burocratico.
È un amore che passa attraverso il lato intellettivo ed estetico di Venere, lasciando tranquillamente da parte la dimensione fisica e sensuale. Si nutre di confronto, in cui i poli dell’Io e del Noi si integrano in modi tali da arricchirsi e stimolarsi reciprocamente. Il dialogo è il modello di rapporto che incoraggia al massimo il processo di individuazione di entrambi ed è proprio quanto di più lontano dalla fusione, dove le differenze sono evitate: nel dialogo vengono invece ricercate ed affermate. In questo rapporto Urano risponde all’altro come a un’altra persona, vera e completa, non come ad una parte della comune esperienza. È quindi il desiderio di libertà che entra nella dimensione affettiva e che cerca di introdurre il lato sociale, universale e allargato dell’amore, distogliendolo dall’egocentrismo dell’Io con le sue paranoie di fedeltà legate al possesso e al potere e alla paura del confronto profondo con certe dimensioni di sé.
Il lato negativo di questo amore consiste nella troppa razionalità e nell’incapacità di coinvolgimento; manca la dimensione umana dell’emozione e del contatto. Può diventare instabile per paura di essere ingabbiato, ma il cambiamento può coprire il timore dell’impegno, il timore che le cose si consolidino e vadano poi in frantumi.
VENERE – NETTUNO
Occorre a questo punto fare una precisazione, nel senso che questi due ultimi archetipi a mio avviso hanno poco a che fare con la dimensione “personale” della coppia, ma simboleggiano i due ultimi stadi dell’elevazione in cui Plutone e Nettuno – perché in questo ordine io li metterei – conducono Venere verso le ultime potenzialità di conoscenza.
Le frontiere dell’amore vengono erose da Nettuno che agirà in maniera sensazionale, idilliaca, sempre attraverso un grandissimo bisogno di romanticismo e di sogno, unendo insieme il bisogno nettuniano di immergersi e di perdersi a quello venusiano di gratificarsi e di piacere. È un amore indimenticabile, qualcosa di sublime e di paradisiaco in cui vi è la sensazione di un vero e proprio ritorno all’Eden, a quel senso di unità in cui la propria identità non è più sospesa ed impaurita ma è nelle mani di qualcuno che ci sembra possa dirigerla e soddisfarla anche in nostra vece.
Siamo però molto lontani dalla passione: Nettuno non è mai finalizzato a qualcosa di terreno e neppure a qualcosa di concreto, ed è quanto di più lontano dalla coppia tradizionale, che vuole vivere insieme nella realtà e soprattutto nella quotidianità. Nettuno non è reale, è fantastico; e come tale impedisce sempre di vedere cosa c’è al di là del velo che costruisce, spingendo a trovare un significato superiore che trascini il soggetto a trascendere il mondo ordinario e a vivere in una sorta di contemplazione che spinga alla completezza interiore anziché alla ricerca di una coppia.
L’amore è lo strumento attraverso cui Nettuno insinua il suo bisogno di trascendere l’Io e il senso di separazione dal Sé. L’amore quindi con Nettuno inizia come bisogno di sentirsi unito a qualcosa di più grande di sé, però lo scopo sarà quello di portare questo Io a riallacciarsi al Sé, alla fonte di unità originaria da cui era partito per il suo viaggio tanto tempo prima.
In questo archetipo l’impulso amoroso conduce ad oltrepassare ogni limite e ci fa vivere un’esperienza di perdita di confini in cui la figura del partner si confonde nell’indistinto, annullandosi fino a giungere a perdere quel senso di divisione tra il soggetto e l’oggetto, e sperimentando così un senso di ritorno all’unità originaria perduta e costantemente rimpianta. Ciò rompe l’ordine razionale dell’esistenza e avvicina a qualcosa di superiore e di infinito: Nettuno usa Venere per farci percepire l’infinitezza del nostro essere, per farci contattare la dimensione universale e spirituale e superare le frontiere della vita limitata che ci vincola ad un mondo mediocre e scontato. L’amore ci traghetta in alto, ci fa percepire aperture e punti di accensione impensabili. Per Nettuno l’amore è come un’overdose che ci permette di accedere al altri stati di coscienza e di conoscenza.
Nettuno ci porta all’essenza e ci mette a confronto con il soffocamento e il limite della realtà, per raggiungere la possibilità del suo superamento; attraverso l’amore ci porta oltre lo spazio-tempo, in una sorta di annullamento orizzontale dell’ego. Nettuno conduce Venere alla massima espressione di sé e delle sue qualità creatrici; Venere attraverso Nettuno diventa un canale che parla a tutto il mondo con la musica, la danza, l’arte, la comunicazione empatica ed emotiva: una modalità di entrare in contatto da un lato con l’inconscio collettivo e dall’altro con chi è pronto, attraverso la sensibilità e le emozioni, a coglierne i segnali di apertura e di miglioramento.
Il rischio con Nettuno è di accedere solo alle sue dimensioni più basse, scendendo nel regno della dipendenza – da altro o da altri – che consente di sfuggire a quello che è il suo vero compito. Con l’amore sembra farci passare attraverso una sorta di plagio in cui c’è il desiderio di plasmare l’altro o di esserne plasmati, in un delirio di annullamento di sé.
È un amore che può ricordare Pigmalione, che nel suo ideale, assolutamente impossibile da ricondurre alla realtà, costruisce con la creta la statua di Galatea, chiedendo poi ad Afrodite di darle vita: una vita non vera, però, in quanto lui non rispetta e non cerca l’individualità di Galatea, ma la vuole a sua immagine e somiglianza, esattamente come la sogna e desidera; in pratica vuole che lei si annulli, che non esista con una identità propria ma che accolga la forma che di volta in volta lui sceglie per lei. Questa è la “follia nettuniana” in cui il bisogno di trascendere viene scambiato con il bisogno di plasmare o di annullare l’identità vivendo tra le pieghe di qualcun altro. Questo amore non sale, non si eleva, ma finirà tristemente in uno sconfinamento nella psicosi in cui il bisogno è quello di fuggire la realtà, non di trascenderla.
Altra dimensione della follia nettuniana è l’amore sacrificale, ovvero l’idea che per amare bisogna annientare la propria volontà e offrirla all’altare del vittimismo, in nome o nella speranza di una “redenzione” che non si sa bene da dove dovrebbe originare…
Ciò a cui Nettuno ci vuole portare, invece, è la percezione del riflesso dell’Unità Originaria fino a concepire una nuova dimensione di esistenza che armonicamente risuoni sulle frequenze dell’Assoluto.
La difficoltà nella comprensione di questo amore sta nel fatto che Nettuno non vede l’altro e spesso, dietro ai grandi innamoramenti fantastici, ideali, empatici ed incredibilmente illusori, non c’è una persona: Nettuno potrebbe innamorarsi di qualsiasi cosa, l’altro è solo uno strumento, ma nella propria essenza non esiste, perché Nettuno non lo lascia oltrepassare la soglia della sua nebbia e del suo oblio. Qui l’amore non può prendere forma, altrimenti perderebbe anche la sua forza ed il suo scopo. Deve rimanere qualcosa nell’anima, qualcosa che non può e non deve essere consumato. Solo così si mantiene “intatto e spirituale” e può essere alimentato dalla fantasia.
VENERE – PLUTONE
Mentre Nettuno eleva l’amore alla sublimazione e alla trascendenza, lo spiritualizza e lo rende capace di percepire il senso di fusione con l’universo, Plutone invece trascina Venere nei meandri più profondi ed oscuri dell’inconscio. È una discesa agli inferi che passerà attraverso le più intense emozioni, anche se la loro colorazione preferenziale sarà grigio-nera. È un viaggio nel potere.
Plutone cercherà quindi attraverso il rapporto amoroso di mettere in luce le parti più oscure e persino malate dei due individui: l’amore plutoniano vive quindi di intensi lati drammatici poiché verranno esposti tratti assolutamente sconosciuti della psiche della persona senza che questa a volte ne abbia la pur minima consapevolezza.
Qui l’amore a volte si lega alla pulsione di morte. Pensiamo a quanti sono i crimini commessi in nome dell’amore: chi ha una Venere-Plutone nel tema ha, almeno una volta e, soprattutto in occasione di un tradimento, considerato di poter anche giungere ad uccidere… Plutone elimina totalmente il lato etico di Venere, la rende ambigua, ambivalente; spesso la condivisione venusiana diventa “complicità” in senso oscuro, torbido, e questo consente alla dea dell’Amore di sfoderare un lato trasgressivo-infero, seduttivo e altamente manipolativo, altrimenti sconosciuto.
In questo aspetto, attraverso l’amore si trova l’energia per riuscire a vivere pienamente la propria Ombra: qui, l’amore rivela l’individuo a sé stesso, ma lo rivela pienamente, senza maschere, senza falsi moralismi, integralmente, con la sua zona civile e la sua zona “primitiva” ed “egoica”, intrisa di potere distorto. Ciò significa che Plutone consente l’intercettazione dell’elemento distruttivo mostrando i tratti più ambigui e deteriori del potere, e come siano facilmente ingannevoli e contrabbandabili per amore.
Quindi, mentre la via nettuniana consente la perdita dell’Io attraverso un’unione cosmica con il divino, Plutone consente un’altra via di conoscenza attraverso l’amore: ma è quella del dolore, del pathos e a volte di Tanathos. In ogni caso l’amore visto attraverso gli occhi di Plutone è una sorta di catarsi, qualcosa che ci deve portare a contatto diretto con la nostra essenza ed il nostro potenziale creativo, nonché con il nostro potere. Attraverso l’amore plutoniano, che è quanto di più sollecitante e disorganizzante ci viene proposto, noi possiamo veramente scoprire quali potenzialità e quali possibilità abbiamo veramente di padroneggiare la nostra vita e, soprattutto, quale potere riusciamo ad esercitare sulle nostre dinamiche istintive ed emotive. Solo dopo questo passaggio possiamo pensare di giungere ad una reale condizione di indipendenza, in cui l’altro veramente si stacchi da noi e diventi un interlocutore ed un compagno. Ed è per questo che Plutone trascina in territori dove il lecito e il non lecito sono confinanti e sconfinanti: per consentire di vedere fino a che punto siamo padroni di noi stessi, fino a che punto siamo in grado di scegliere o siamo ancora mossi dalle pulsioni.
In questo passaggio d’amore ognuno incontra l’indefinitezza e l’ambiguità dell’altro, ma dietro a tutto ciò intravede il lato oscuro della propria anima. L’amore si avvolge di mistero e di fascino, due qualità che lo rendono irresistibile ma che ne mostrano anche la pericolosità, perché invitano a spingersi oltre il visibile e spesso anche oltre il lecito, alla ricerca dell’appagamento di quella fame amorosa atavica che si spera di poter placare.
Questo amore può passare attraverso la sensazione di essere stati “stregati”, e in ciò ognuno può sperimentare il potere della seduzione che conduce il soggetto in una dimensione dove si confronta con il potere di un’altra persona, e proprio in questo incontro-scontro l’Io e la mente vacillano e si entra in uno stato di grande squilibrio in cui le forze della ragione sono faccia a faccia con le pulsioni inconsce.
Ma sarà proprio questo stato misto di passione, sofferenza e paura che ci condurrà alla trasformazione. Infatti, il significato di Venere-Plutone è proprio questo: la trasformazione di sé giungerà attraverso la dimensione amorosa passando attraverso un desiderio incontrollabile che ci mette a contatto con le nostre vere capacità-incapacità di padroneggiare il nostro mondo interiore. L’amore plutoniano abbatte i limiti che l’Io ha posto, abbatte gli schemi della mente e della morale e lo conduce in un territorio assolutamente nuovo in cui sperimenta veramente la perdita di sé; passa attraverso il caos, il disordine interiore, il potere e la manipolazione, il bisogno di ottenere e di possedere ciò che non ci verrà mai concesso, perché non è lecito pretenderlo, e tutto questo porterà a maturare, a comprendere maggiormente noi stessi e a non dare per scontati alcuni valori che ci illudiamo di aver fatti nostri e che verranno invece sfidati molto apertamente con questo aspetto.
Qui l’amore è sfida, provocazione, oltraggio, struggimento dell’anima che si gioca sul filo della presenza-assenza dell’oggetto amato, che in una dimensione di inseguimento-fuga ci mette di fronte alla trasformazione. L’amore ci insegna con Plutone che solo se accettiamo la perdita e la morte potremo accettare e amare la vita. Se accettiamo la sfida, ci conduce alla vera capacità di relazione che Venere solo sfiora negli incontri archetipici con gli altri Dei; qui, la possibilità di amore si fonda sulla capacità di accettare la rinuncia alla totalità del rapporto poiché in questo amore devono entrare la separazione e il riconoscimento realistico dell’individualità e della differenza, del fatto che l’altro vive non solo in funzione nostra e che soprattutto noi non abbiamo alcun diritto di esercitare un potere su di lui.
L’amore plutoniano inizia con una insaziabile simbiosi ma ci espellerà da essa in modo inequivocabile, senza più permetterci di entrarvi: questo amore costringe ad accettare il proprio stato di solitudine e la condizione che la propria completezza può giungere solo da sé. Durante questo travaglio sperimentiamo la piccolezza, il senso di perdita di potere, il vuoto, e aspettiamo la nostra droga, il nostro veleno che sembra placare il bisogno, ma solo se arriveremo fino in fondo a questo territorio infero, affrontando tutte le nostre paure e rimarginando le nostre ferite, sapremo trovare la nostra integrità psichica, quella che ci consentirà di ri-emergere e ri-nascere come unità e non più come metà.
Per questo l’amore qui si colora di mille altre sfumature emozionali negative: odio, rancore, rabbia, possesso, sottomissione e dominio… perché attraverso la dimensione fisico-psichica ed emotiva l’amore plutoniano consente il ritorno del rimosso e ci riporta al diritto-dovere di confrontarci con le nostre immagini interne. Tutto ciò rende questo amore affascinante e terrifico nello stesso momento. C’è una sorta di incantesimo nel quale si rimane sospesi e non si sa se tutto si distruggerà oppure se da esso avverrà il passaggio di “conoscenza” necessario per la trasformazione.
Questo è un brevissimo viaggio nel mondo dell’amore con tutte le sue potenzialità. Ogni volta che esprimiamo amore, siamo costretti a rimettere in atto una dimensione archetipica di noi stessi, che ci riporta a qualcosa che deve essere visto, compreso e integrato nella nostra personalità.
In questo senso l’amore è sempre conoscenza e al tempo stesso è vita, perché nella conoscenza si gioca il meglio della nostra vita.
di Lidia Fassio