Qui l’amore viene visto attraverso gli occhi della Luna: è quindi morbido, romantico, pulito, quasi infantile, con un grande bisogno di tenerezza e di dolcezza.
La Luna cerca stabilità attraverso l’affettività: vorrebbe mettere insieme queste due cose e creare una situazione idilliaca, perfetta, in cui la voluttà, il senso del piacere personale e il gusto edonistico per le cose belle e la vita serena si realizzino attraverso il conforto di un’altra persona, di una famiglia e di una situazione affettivamente ed emotivamente tranquilla.

La forma di amore prevalente è quello materno: infatti nell’immaginario Luna-Venere c’è una madre che gratifica i desideri di un bambino e tutto questo si ammanta di tenerezza, di affettività, di contenimento, di nutrimento, di cure materiali ed emotive, di protezione e di sostenimento più che di erotismo e di passionalità.

Chi ha questo aspetto intende l’amore come un insieme di nutrimento, rassicurazioni e coccole: amare, per questa persona, significa essere tutt’uno con l’altro, significa potersi lasciar andare e ritrovare un senso di completezza in cui non ci sono angosce e non ci sono conflitti né divisioni.

Questo amore ha poco a che fare con l’integrità e l’individualità.

E’ una forma di amore che non contempla ancora fasi di separazioni, troppo spesso passiva, in cui c’è poco desiderio di conoscenza e di azione: proprio come il bambino si aspetta che sia la madre a fornire tutto ciò di cui ha bisogno e a decidere per lui, questo amore aspetta che tutto giunga dall’esterno e non muove passi verso la crescita. E’ presente ancora l’indifferenziazione e quindi c’è un’inconscia ricerca di paradiso perduto; tuttavia si tratta di una modalità illusoria ed infantile, in cui si fantastica di non avere conflitti e di trovare una condizione di unità e di benessere totale che deve necessariamente giungere dall’altro o attraverso l’altro, ma che è anche un sogno di blocco, di “incantesimo”, in cui tutto il processo di crescita è fermo, in attesa di azione e di movimento: in una parola, di “tensione a….”

Questo amore ha difficoltà a tollerare la separazione e quindi non si può ancora parlare di vera e propria relazione, ma di fusione in cui la fantasia che prevale è quella illusoria e onnipotente di bastarsi l’uno all’altro. Si crede che sia la presenza dell’altro a far vivere il senso di totalità, ma questo chiude l’amore all’interno di un circuito sterile, senza scampo, perché lo isola e lo limita. Non si può considerare un vero e proprio amore in quanto, fino a che vi è fusionalità, manca il desiderio che è appunto tensione verso l’altro da sé.

E’ uno stato di totale passività, mentre in realtà l’amore deve sempre essere un atto verso l’altro e presuppone quindi una forte tensione interna che spinga a sottrarsi a questa sorta di limbo inconscio, per emergere attraverso il desiderio potente di conquista e di autonomia, che riuscirà in ultimo a vincere sull’angoscia-paura del distacco.

È un amore che si nutre di sogni, di lacrime romantiche, di tuffi al cuore; è suscettibile, facile ad essere ferito, ed ha bisogno di ricordi, di memorie e di fughe nel passato, soprattutto quando ci sono ricorrenze o delusioni. Si alimenta di nostalgia, a volte però la fuga può essere nella tristezza e nel ripiego sull’infanzia. Nei suoi risvolti più negativi questo amore non supera la soglia dell’infantilismo e della capricciosità, diventa facilmente egoista ed aggrappante; è un amore fragile da un punto di vista emozionale che può accompagnarsi anche ad instabilità e mutevolezza e a grande dipendenza, che spesso porta anche alla sua nemesi, giacché la paura di perdere l’oggetto del nutrimento fa sì che il soggetto lo soffochi.

a cura di Lidia Fassio